Incominciamo l’anno nuovo con alcune riflessioni sul lavoro dell’artista olandese Lily van der Stokker (1954, Den Bosch, ora residente fra Amsterdam e New York), le opere della quale ci sorridono in apparenza lievi e allegre, da pareti e installazioni site specific.
Molti lavori sono stati effettuati per spazi interni (musei, o gallerie), ma compaiono anche lavori di arte pubblica di grandi dimensioni. In particolare il “Pink building” per World Expo ad Hannover (2000) e la Celestial teapot di Utrecht (2013). Fra le grandi installazioni in spazi chiusi possiamo citare “Huh” realizzato per la Galleria Koenig and Clinton di New York, o l’installazione “No big deal thing” per la Tate St. Ives, distaccamento in Cornovaglia.
Ci troviamo, come nel caso di un’altra artista che opera negli Stati Uniti, ma di origini autoctone, Laurie Simmons, in un ambito solo apparentemente pop, dove convivono un approccio apparentemente “semplice” all’opera e una critica condotta in senso femminista “non aggressivo”, non di stampo movimentista, o attivista nel senso “comune” del termine. La critica al sistema, alle disparità di genere arrivano in modo più complesso, meno urlato. Ma arrivano.
Gli studi di van der Stokker concernenti oltre la pittura, il design monumentale e il disegno tessile si ritrovano nelle sue opere che rimandano a una dimensione spaziale “interiore”, legata soprattutto alla vita negli interni domestici.
Colori e disegni infantili che ci parlano di una “drammaturgia domestica”, o di una “drammaturgia di interni”, dove, come dichiara van der Stokker ciò che le interessa molto è mettere al centro dell’attenzione ciò che è stato (ed è probabilmente tutora) un tabù nell’arte contemporanea: la “dolcezza”, la cura della casa (e di sé, implicitamente), ivi comprese le pulizie domestiche.
Fatica del lavoro domestico, tenerezza, emozioni, argomenti in apparenza “proibiti” nell’ambito dell’arte concettuale degli anni Sessanta-Settanta (a prevalenza maschile, peraltro), insieme ad altri concetti quali ambito famigliare, dolcezza, ottimismo.
“I choose my subject matter from topics apparently ‘forbidden’ in contemporary conceptual art, like family life, optimism, and sweetness
L’effetto che l’artista si propone di ottenere da una parte deve essere quello di percepire l’opera come “abbordabile”, “avvicinabile”, dall’altra “controversa” e in qualche modo inquietante.
Una scelta cromatica “pericolosa” (colori pastello, rosa baby, giallini canarini, azzurri cielo, rosa mashmallows), patterns altrettanto “pericolosi” (i fiori, soprattutto) nei codici dell’arte contemporanea.
“Flowers are a forbidden symbol in the art world. This fascinated me. Why is it forbidden? It’s connected to children, women, the domestic, decoration, fabric, and so on.”
Dipinti su parete (wallpainting), progettazione di tessuti con i quali riveste mobili inseriti nelle installazioni sono fra i tratti distintivi delle sue opere di tipo installativo, di grandi dimensioni. Van der Stokker dichiara esplicitamente di trovarsi a proprio agio nel rapportarsi direttamente con le pareti che aprono molteplici possibilità progettuali e le permettono di “invadere lo spazio”, di “farlo suo”, di appropriarsene (con il vantaggio di non dover portarsi a casa niente, al termine della mostra):
“The wall is a very good facilitator with many possibilities,” she says. “Wall paintings can have various shapes and the architecture is its frame. One of the attractions and complexities is that I like invading the space and making it my own. And after the show, I don’t take anything home.”
Carte da parati reinterpretate con gli occhi di un bambino, o adatti a una camera infantile, rosa baby, giallo canarino, azzurro, celeste con motivi floreali semplificati bianchi, o colorati. Per sua dichiarazione van der Stokker esercita un “femminismo non gridato” nel corso delle sue opere che citano esplicitamente colori infantili, caramellosi, “teneri”, “femminili” come il cosiddetto “rosa confetto”.
Non a caso due grandi installazioni utilizzano proprio questo colore. Mi riferisco innanzitutto a “Huh” (presentata per la prima volta nel 2014), installazione realizzata per la galleria Koenig and Clinton di New York dove tutte le componenti dell’opera di grandi dimensioni sono rosa chiaro. Dal comunicato stampa della mostra “Huh presents a greater discussion about beauty, femininity, and optimism to which the ugly, the cheap, and the vacant are tethered”.
Huh 1” (foreground) e “Huh 2,” di cartone rosa, rimandano a un’apparente giocosità, sebbene l’opera riguardi l’illusoria parità fra i sessi e fra gli artisti. Chi osserva si trova di fronte a un arredo che ricorda il bagno di casa, macchie rosa sul pavimento la cui forma rimanda al sudore, alle lacrime o all’acqua tracimata dalla vasca, o dalla doccia.
Su una parete lignea sono inserite alcune mensole su cui sono appoggiati rotoli di carta igienica, sui muri appaiono alcune frasi da contestualizzare rispetto alle forme alle quali si riferiscono e al contempo le trascendono, per alludere ad altro: “We are exaclty the same”, “Nice being here”, “Only yelling older women in here/Nothing to sell.” Laying Here Together” (riferita a due forme floreali una sopra l’altra). Vicino alla porta “Best regards”.
Secondo l’artista:
“Huh is about stupidity, paint and the body, the baby, the flesh; about roundness, closeness and softness…it is girly, sweet, decorative, cheap, and about pleasure and color. It is about the ground, the beginning, Zen and nothing, the monochrome.”
Una grande pittura murale ad acrilico riveste lo spazio principale della galleria, nuvolette da fumetto con scritte a mano si trovano sulla parete, ornate con motivi (nuvole, riccioli, fiorellini) ispirati ai pantaloni del pigiama di van der Stokker. Le sculture centrali sono ricoperte di scarabocchi, con scritte da fumetto (“oopy, uffy, puffy) che spuntano dal pavimento. La parola-titolo “Nothing” è apposta al lavoro.
“The reputation of pink is one of low intellect. For me, Nothing and pink represent a comfort zone, a return to the womb, to the mother, to sleep, to the bed; a world without ambition or hierarchy; the ground. Here, pink is a world of pleasure, of goals unreached, a world without urgency or pressure.”
Dall’installazione Huh nascono ulteriori riflessioni e un’altra “generazione” di opere. In particolare alcune riflessioni attorno alla problematica della “pulizia”e del pulito: In particolare, le piccole mensole con carta igienica, per l’artista una “celebrazione della decenza “pulizia”.
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In 2014 I made a small object titled « Decent Tidy Kissy » (In the pink « Huh » Exhibition at Koenig & Clinton in New York) with on it a shelve displaying a roll of toilet paper. This work is for me a celebration of decency. This work inspired me to expand it into a larger and happy work on cleaning and organizing the household.
All the text blocks in this large wall painting ‘Tidy Kitchen’ refer to experiences I had in my own household, like ‘a wooden spoon between the dishwasher door to dry the dishes’, or ‘pulling hairs out of the drain’, (yes who is doing that dirty work…). This artwork is an homage to all people, men and woman, who clean our houses. As a feminist I say that this is a celebration of cleaning.
Housekeeping as subject matter for art. Also as I see it the work is opposing the romantic idea of the messy creative painter. So I consider this wallpainting to be an art-political work. The curator Anne Ellegood from the Hammer Museum called it ‘my most political work to date’ and compared it with Martha Rosler’s work the “Semiotics of the Kitchen”.