Nel proseguire il nostro percorso alla ricerca di artisti impegnati a lavorare con gli spazi pubblici e il paesaggio, la loro storia, questa settimana ci occupiamo di alcune opere di Virginia Overton, artista americana, nata a Nashville in Tennessee, ma trasferita a New York dove vive e lavora.
Una delle caratteristiche del suo lavoro è l’interesse per l’uso di materiali preesistenti, provenienti dal mondo industriale, da quello dell’edilizia, delle infrastrutture e dei trasporti in generale, ricollocati in opere site specific in spazi urbani. Ovvero, l’attenzione per il dialogo fra i luoghi e la dimensione del tempo, fra presente e passato. DIalogo che implica in realtà, oltre all’attivazione della memoria, anche un’attenzione per la ricollocazione e il riuso degli oggetti di un passato industriale da riorganizzare e rendere sostenibile.
Da questo punto di vista è molto significativo uno dei lavori più recenti, collocati in un ex zuccherifiicio, ormai divenuto “Inutile”, poiché lo zucchero è stato sostituito da altri dolcificanti, sovente ancora più dannosi dello zucchero in sé, utilizzati nei prodotti dell’industria alimentare. Uno spazio ora riconvertito pronto ad ospitare relitti di sé, come descriviamo più sotto, verso la fine dell’articolo.
Il riferimento storico appartiene a una dimensione mercantile per esempio, ne “Il latte dei sogni”, in mostra alla Biennale composta da due opere. Unintitled (Tulip) è costruita con parti in cemento utilizzate come volta per gallerie architettoniche, “traforate” con buchi-oblò chiusi da vetro rosa, posta sulla banchina dell’Arsenale. Altri elementi sono invece posizionati come “panchine” a bordo d’acqua.
In acqua invece galleggiano sfere di vetro rosato rivestite di reti annodate a mano evocanti i galleggianti in vetro usati sulle barche dai pescatori per tenere le reti, pronte a seguire i livelli della marea e quindi a segnalare la mobilità continua dell’acqua in laguna.
Built è stata originariamente creata per il Socrates Sculpture Park di New York – città dove lavora e risiede l’artista – e nel 2018 è allestita all’Evergreen’s Don River Valley Park Art Programe di Toronto, si sviluppa in due luoghi: una cava e una porzione di sentiero.
Nella parte più bassa del Lower Don Trail un gruppo di tre sculture dell’artista provenienti dal Socrates Park si aggiunge a una nuova opera. Quest’ultima è una scultura derivata da uno scarto industriale in vetro in cui l’artista ha inserito un frammento di marmo portato dal suo studio di Brooklyn. Una serie di lampade stradali sono state invece collocate presso l’Evergreen Brick Works affacciato sulla cava.
Overton utilizza anche in questo caso i suoi materiali preferiti di recupero dove si mescolano elementi urbani e rurali tipici dell’America settentrionale e in particolare delle loro periferie, delle zone di confine. Qui si trovano terreni con una connotazione postindustriale: tubi arrugginiti, motori, pick-up, travi, sportelli.
Una scelta su misura del territorio canadese, così che questi materiali riassemblati si immergano in una parte di parco urbano dove si fondono mondi diversi, la ruralità e gli oggetti dismessi dell’industria.
Fra questi due luoghi della mostra – il piccolo prato accanto al sentiero pedonale e la cava – entrano in dialogo il territorio che ospita i lavori, area industriale dismessa e la riqualificazione del medesimo. L’interazione fra materiali abbandonati, luoghi abbandonati e nuove opere d’arte crea un sistema, un circolo virtuoso che stimola a considerare il riuso in una dimensione creativa e propositiva.
La proposta di una “seconda vita” di elementi in apparenza inservibili, “eliminati” perché non più funzionali al mercato, alla produttività si coniuga alla riqualificazione e a una nuova destinazione più vivbile dei luoghi fantasma, lasciati decadere, inerti perché “inutili” alle industrie, al sistema produttivo, in un’economia capitalistica fondata sullo spreco, sull’usa e getta, consumistica, del tutto insostenibile da tempo.
Un altro lavoro “WInter Garden” realizzato presso il Whitney Museum di New York combina in modo del tutto diverso elementi rurali e elementi del paesaggio urbano. In questo caso i mulini tipici del Tennessee, molto familiari all’artista, convivono accanto a stagni-pozze in alluminio dentro ai quali sono stati piantati fiori acquatici. Le ninfee emergono in superficie accanto ad altra vegetazione amante dell’acqua, disposte su una terrazza.
In questo caso i mulini a vento – tipici del paesaggio del Tennesse e delle zone rurali degli Stati Uniti – sono costruiti per far confluire l’aria attraverso tubi fino alle grandi vasche-catini in alluminio con le piante. Per prepare le piante per la stagione invernale Overton crea un sistema per svuotare le bacinelle e capovolgerle così da proteggere il loro contenuto.
Il giardino d’inverno si trasforma in un’installazione acustica attraverso l’uso di microfoni nascosti che amplificano il suono dell’aria veicolata dai mulini a vento, ritmicamente, attraverso il terrazzo fino nelle grandi vasche-bacinelle.
Come si anticipava sopra, uno dei lavori più recenti “Untitled (reverse virgule)” investe un’ex edificio industriale, uno zuccherificio di New York nella zona di Brooklyn, dove Overton recupera una serie di materiali industriali (viti arrugginite, scarti metallici,trasformatori, casse di latte) separati e ridisposti con cura sul fondo e negli angoli al pianterreno dell’edificio.
L’idea consiste nel costruire una nuova installazione che coinvolga l’uso della gigantesca insegna luminosa dell’ex fabbrica “Domino”, raffineria di zucchero di canna. L’insegna era un tempo disposta sulla sommità dell’edificio sulla facciata verso il fiume vicino al Williamsburg Bridge.
I pezzi sopravvisuti e ancora funzionanti (alcuni trasformatori), insieme al colore originale dei neon che ancora possono essere usati (gialli) costituiscono una gigantesca scultura che coniuga la memoria storica di un luogo, i suoi oggetti più rappresentativi (che cosa può esserlo più di un’insegna?) al presente.
Un altro lavoro molto interessante è costituito da pick up usati come sculture mobili, non a caso il sottotitolo di uno di questi “Untitled” posto tra parentesi è “Mobile”. Nella fattispecie, a questo veicolo – tipico dell’America rurale, degli USA agricoli e montani – è collegato una tanica in acciaio. Per rendere più uniforme le superfici e annullarle sono state dipinte di blu scuro intenso, con vernici da carrozziere.
Questo nuovo “oggetto” scuro, inquietante, come una grande ombra, incombente nel paesaggio offre la possibilità di sedersi e osservare l’ambiente attorno a sé. L’opera è inserita in un parco dedicato all’arte contemporanea: Art Omi, nella contea di Columbia, in Ghent, New York.+
In un altro parco dedicato a installazioni artistiche è collocata l’opera di Virginia Overton, “Untitled (Juniper)”, 2014. Si trova in questo caso a Londra, nella Line, passeggiata caratterizzata dalla presenza di lavori di arte pubblica, nella zona est della città.
Si tratta di una rivisitazione del galletto segnavento, montato sul tetto di un edificio. La scultura in luogo del gallo propone una sagoma di Juniperus virginiana rivestita di foglia oro, albero che cresce nella parte meridionale degli USA dove è nata l’artista. In questo modo l’albero riflette la luce e indica la direzione del vento.
La scelta di questa pianta non è casuale: è un riferimento alle distillerie di gin che sorgevano nell’area di Thress Mills fra il XVIII e il XIX secolo, la produzione delle quali era collocata nei palazzi di Londra e alla Royal Navy.