Judith Hopf

Fra i lavori di Judith Hopf (Karlsruhe, 1969) artista berlinese che indaga con uno sguardo ironico rapporti di potere e gerarchici, il risalto di fratture, scarti all’interno di questi rapporti, situazioni surreali, quotidianità in particolare connessi al ruolo della tecnologia selezioniamo alcune opere realizzate in Francia e in Italia, a Bolzano e a Napoli, particolarmente connesse al paesaggio, o all’ambiente che le accolgono. Ma non solo.

Video, performance, scultura, installazioni sono i mezzi con i quali le opere prendono vita, attraverso le quali Judith Hopf induce il pubblico a sviluppare una visione anticonformista che metta in gioco stereotipi e pregiudizi. Il punto di partenza è l’ambiente stesso da cui è circondata, oggetti e materiali quotidiani.

Judith Hopf, un'installazione parte del percorso espositivo al Beton Salon, Parigi, ENergies
Energies, Le Plateau, FRAC Ile de France.

In  Énergies– allestito in Francia, presentato contemporaneamente in due luoghi, Bétonsalon e Le Plateau, Frac (Fonds régionale art contemporain) Ile-de-France e si occupa dei rapporti fra arte e tecnologia in rapporto all’ambiente. Curatori: François Aubart (curatore indipendente editore – Même pas l’hiver – e docente, Xavier Franceschi (direttore di Frac  Île-de-France), Émilie Renard. La mostra è supportata da Institut für Auslandsbeziehungen e dalle gallerie Deborah Schamoni, di Monaco e Kaufmann Repetto – Milano/New York.

Il titolo si riferisce a ciò che alimenta i nostri dispositivi elettronici “da un punto di vista tecnico e filosofico”. I lavori esposti a Le Plateau riguardano “la trasformazione del paesaggio in fonte di energia”, mentre quelli al Bétonsalon si occupano del consumo dell’energia. Una delle sculture rappresenta un fulmine che attraversa lo spazio.

Power è la parola che definisce in inglese sia il potere, sia l’elettricità, questa sovrapposizione/intreccio è di per sé fondamentale sul piano concettuale per comprendere come i due significati mettono al centro dell’attenzione una delle problematiche chiave della società contemporanea a livello mondiale.

L’energia, il suo controllo, il suo uso e il suo consumo, con tutte le possibili implicazioni politiche, economiche, sociali collegate. Dal fulmine di Giove pluvio, o di Zeus Soter alle guerre per il controllo delle fonti energetiche. Non a caso una delle immagini più rappresentative è un’opera che rappresenta un enorme fulmine metallico dipinto di giallo.

Judith Hopf, Energies, Le Plateau, Ile de France
Judith Hopf, Energies, Le Plateau Frac Ile de France.

L’interesse per gli usi e gli ab-usi dell’energia pervadono una serie di opere, dove compaiono sculture di persone che utilizzano telefonini, collocate in paesaggi esteticamente di grande impatto e che in sostanza annullano la bellezza del luogo con presenze grigie, opache, pesanti.

L’utilizzo del cemento per le sue doti di “pesantezza” industriale e, inoltre, strettamente legata all’idea di distruzione del paesaggio che in sé ormai comporta – data la cementificazione in corso ormai da più di un secolo – entra così in modo molto disturbante in contesti spaziali e ambientali che evidenziano queste presenze scomode.

Questi “personaggi” schiavi della tecnologia che invadono luoghi naturali mozzafiato, si affiancano agli uomini-laptop ridotti a lamine bidimensionali.

Questo appare molto evidente, per esempio, in Dream Machines, curata da Daniel Birnbaum e Massimiliano in questo senso è particolarmente rappresentativa. La statua di cemento grigio con una figura umana che osserva il suo strumento digitale creata da Hopf si affaccia direttamente sul mare, in un paesaggio di forte impatto estetico con uno stridente contrasto.

Dettaglio di scultura di Judith Hopf
Judith Hopf, dettaglio di una delle sculture per Energies – Le Plateau

OUT 2018, video a Berlino

UP è una mostra allestita al quarto piano del Museion di Bolzano (direttrice Letizia Ragaglia), dove due ampie vetrate che si affacciano sul paesaggio circostante entrano in dialogo molto forte con il percorso espositivo pensato dall’artista che, si è immediatamente accorta di questa caratteristica della sala e ha voluto evidenziarla ulteriormente con la disposizione delle sue opere.

Up – titolo preso da un video dell’artista –  è composta da strutture geometriche essenziali in mattoni rossi, che solo in apparenza rimandano al minimalismo, in realtà interagiscono con i fruitori che le possono usare come piani di appoggio, punti di incontro, di stazionamento, sollecitano esperienze fisiche e personali.

Una delle installazioni di Judith Hopf in mostra ad UP presso Museion di Bolzano
Judith Hopf, UP, Museion, Bolzano

Per esempio un muretto dialoga con un “finto” muro dipinto sospeso in forma circolare – come una specie di pozzo – sotto al quale si possono ritrovare i visitatori in piccoli gruppi. Questa struttura è un luogo “protettivo”, e al contempo claustrofobico, sembra un pozzo, ma è sospeso, è un muretto ma lievita ed è bidimensionale, un tromp-l’oeuil. Racchiude e al contempo permette di andarsene sgattaiolando, quindi con una gestualità non convenzionale, informale, animalesca per certi versi.

In questa occasione compaiono anche le “pecore”, una delle creature più interessanti ideate da Judith Hopf, composte da blocchi di cemento, su cui sono disegnati musi di pecora con il carboncino e una serie di disegni rappresentanti gli uomini-tablet. Sono state collocate sul lato della sala rivolto verso le montagne e il verde.

Una delle sculture di Judith Hopf in mostra a Museion di Bolzano, intitolata UP
Judith Hopf, Sheep, UP, Museion. Bolzano

Il video “Lily’s laptop” dove una ragazza alla pari allaga la casa in cui è ospite, come vendetta per aver avuto la proibizione di accedere al computer dei padroni dell’abitazione. Un’opera che si ricollega alla dipendenza dagli strumenti informatici di vario tipo: pc, smartphone, tablet che ci proiettano sempre più in una dimensione virtuale e ci rendono sempre più sconnessi dalla realtà.

Nel video Some End of things: the Conception of youth,  un uomo travestito da uovo gigante si muove impacciato tra vetri e muri di un’architettura modernista. È sempre uno stato di costrizione e di imprigionamento da superare, un desiderio di affermazione soggettiva che suggerisce il lavoro dell’artista.

Nel video “UP” che dà il titolo anche alla mostra, come si scriveva sopra, da un SUV che si inclina in curva su due ruote, su uno sterrato, fuoriesce una palla.

Visione di UP di Judith Hopf, Museion di Bolzano
Judith Hopf, UP, Museion di Bolzano

La mostra allestita a Palazzo Caracciolo di Avellino (promossa dalla Fondazione Donnaregina in collaborazione con la Fondazione Morra Greco) è una riflessione avanzata da Judith Hopf su Napoli, sui contrasti che attraversano la città anche sul piano delle energie spirituali, fra forze ctonie e eredità cattoliche.

CItiamo la descrizione del percorso espositivo effettuata da Anna Cuomo, tratta dal sito della Fondazione Morra Greco

“I tre piani espositivi sono messi in dialogo da una struttura in legno che riprende le puntellature risalenti al terremoto del 1980, ancora presenti in alcuni punti di Palazzo Caracciolo di Avellino. Tali strutture si diramano nei tre spazi per simboleggiare la coesistenza e la commistione tra la dimensione infernale, paradisiaca e quella terrena.

Judith Hopf, fondazione Morra Greco
Judith Hopf, From down, from up and in between, Napoli. Fondazione Morra Greco

Al piano terra, la puntellatura fa da supporto a tre dipinti su mattonelle in ceramica che raffigurano delle buffe, benevole ed al contempo spaventose figure fantasmagoriche che sovrastano lo spettatore. Al piano sottostante, sono presenti ulteriori mattonelle caratterizzate da una pittura che lascia più spazio alla suggestione mentre una serie di pilastri appuntiti si ergono dal terreno.”

Il piano superiore è infine occupato da diversi disegni su carta, esposti su una serie di tavoli in legno che vanno a chiudere orizzontalmente lo sviluppo verticale della struttura collocata ai piani sottostanti.”

La scelta di collocare tali strutture all’interno dello spazio espositivo deriva dal desiderio di rappresentare una dimensione in bilico costante tra la celebrazione della vita e l’accettazione della morte, mentre la scelta dei soggetti raffigurati richiama la produzione artistica napoletana ricca di molteplici rappresentazioni che costituiscono un memento mori.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

error: Content is protected !!