La drammaturgia degli spazi comprende anche gli ambienti abitativi, le case, sia quelle che abitiamo, sia quelle in cui non si abita più ma ci appartengono, oppure, quelle definitivamente abbandonate, destinate a implodere.
Sulle case abbandonate esiste un ampio interesse, anche accresciuto dalla condivisione di video del movimento Urbex – Urban -exploration – e siti specializzati, a questo proposito segnalo “Ascosi lasciti” che si occupa specificamente di questo fenomeno che esula dal contesto artistico.
Le esplorazioni ascrivibili al contesto Urbex sono dettate dal desiderio della scoperta, dell’indagine sul territorio in cui si abita, dal rivelare, svelare e sono estranee nella maggior parte dei casi a operazioni artistiche. Sono una “disciplina”. Come scrive David Calloni sul blog di Ascosi lasciti, “L’urbex è l’esperienza della scoperta attraverso l’esplorazione del territorio, e non solo l’esplorazione in sé del luogo abbandonato.”
Queste esplorazioni non hanno alcuna attinenza con la drammaturgia in sé, sebbene siano dirette a luoghi molti diversi fra loro (ville in rovina, a monasteri, chiese, ospedali, manicomi, discoteche, fabbriche, interi villaggi, alpeggi), densi di storie e di vissuti personali in alcuni casi riportati alla luce dagli “scopritori”, mentre in altri restano ignoti.
Luoghi dalle potenzialità incredibili in molti casi, di grande fascino, nelle quali si potrebbero raccogliere materiali interessanti sul piano drammaturgico, impossibili da aprire al pubblico a causa della loro inagibilità, a divieti, o a ingressi illeciti che presumono la violazione della proprietà privata.
D’altra parte, renderli di nuovo abitati snaturerebbe la loro essenza di luoghi in abbandono e in decadenza inesorabile, destinati al collasso, all’implosione provocata da tempo, incuria, furia degli elementi. Sul piano drammaturgico visivo si possono utilizzare quindi con cautela, come oggetto di narrazione, scritta o visuale-fotografica.
La drammaturgia domestica che intendo, invece, è una nuova possibilità di creare opere direttamente all’interno delle abitazioni d’uso, interagendo con i proprietari, sia in sede di ristrutturazioni, acquisti di case, o semplicemente di riadattamenti, o curiosità per una particolare forma di opera di confine fra drammaturgia e arti visive.
Si possono creare progetti a misura di persona e di famiglia, con opere costruite a partire da quello che i proprietari e i loro famigliari sono e rappresentano, dal loro rapporto che hanno verso la casa stessa, gli altri membri della famiglia, gli antenati, gli elementi esterni, se ci sono, per esempio giardini, balconi, finestre.
Si tratta in questo caso di una drammaturgia “privata” che sconfina nel pubblico quando e solo se gli abitanti ricevono ospiti, in misura più o meno estesa, a seconda delle loro abitudini. L’idea è quella di elaborare progetti che mettano in luce, attraverso un occhio esterno, i rapporti e i legami affettivi dei singoli abitanti rispetto ai loro spazi e agli altri esponenti del nucleo famigliare.
Nei prossimi mesi mi occuperò di un’operazione di questo genere per la prima volta in un’abitazione di campagna. Si tratta di una casa d’epoca appartenente a una stessa famiglia da centocinquant’anni circa, con alcuni ambienti risalenti al XVII secolo, in particolare, due cantine a diverso livello con volte a botte, un pozzo e i locali del pianterreno e del primo piano e altri ottenuti con interventi apportati negli anni Cinquanta del XX.
L’idea che guida questo progetto è l’interazione fra i materiali rinvenuti in loco, la storia della famiglia che l’ha abitata, l’uso e il riuso di oggetti e mobili, elementi architettonici, visivi che porteranno alla costruzione di un percorso esplorativo che potrà essere visibile e visitabile a quanti ospiti desidererà ammettere la proprietà.
La casa è oggetto di restauro conservativo, con prodotti per bioedilizia e tecniche antiche, in particolare l’uso di tinte con grassetto di calce stagionato e riparazioni in cocciopesto. La documentazione stessa del ripristino dell’abitazione, della riscoperta di quanto è celato sotto strati di vecchia pittura, di tappezzeria, o in un ambiente, di moquette.
Gli oggetti ritrovati, risalenti a seconda dei casi fra la fine del XIX secolo e gli anni Settanta, saranno riutilizzati come parte di installazioni, narrazioni, nuovi usi, anche grazie al rinvenimento di corrispondenza tenuta fra le diverse generazioni di proprietari, rogiti ottocenteschi, fotografie.
Oltre all’abitazione, sarà coinvolto dal progetto anche un terreno ubicato a una ventina di minuti di cammino dalla medesima, posto in collina e un tempo coltivato.
Sarà un work in progress che riguarderà sia gli interni, sia gli esterni e verrà documentato da clip e fotografie, disegni che entreranno a loro volta a far parte del progetto di drammaturgia domestica (DD) “Casa di famiglia (ma non troppo)” – titolo provvisorio.