Il nostro diario di bordo da Rimella, dove ho trascorso un periodo di quasi venti giorni in residenza artistica, questa settimana si occupa di fare alcune riflessioni, da una parte legate al paesaggio, dall’altra alle problematiche legate alla sua conservazione.
E’ indubbio che questo paese goda di panorami e visuali splendide, lo sguardo si posa direttamente sulle cime dei monti molto vicini, poiché le due valli che compongono il territorio comunale sono strette, i fianchi che le delimitano sono particolarmente impervi e articolati. Le montagne sono davvero a “portata di mano ” e di occhi, con un impatto estetico elevato, ancor più con la neve, come ho potuto constatare in questi giorni.
Il fatto che le varie frazioni siano molto ben conservate sul piano architettonico, sia per quanto riguarda le abitazioni in sasso, sia per quelle in legno (meno numerose perché perse in passato a causa di incendi, frequenti per ovvie ragioni) e che la natura sia stata molto generosa sul piano della varietà del paesaggio rende Rimella una realtà montana degna di grande considerazione e di grande fascino.
Al contempo, proprio in virtù di questa “bellezza innata” si pongono anche alcune problematiche legate proprio alla conservazione di questa sua caratteristica. Questione che, peraltro, condivide anche con gli altri Comuni montani già visitati, dove in alcuni casi si sono posti in passato e quindi sono già stati affrontati in modo più o meno efficace e più o meno rispettoso del territorio, a seconda del periodo storico in cui sono avvenuti.
Il nodo centrale è la conservazione dello status quo paesaggistico, ovvero la tutela del territorio, così com’è, o piuttosto così come è stato ereditato dai genitori. Nei fatti, da questo punto di vista, si solleva una problematica enorme.
Le persone che vengono da “fuori”, in particolare dalle città, sono molto restie, per non dire nettamente contrarie, alle “manomissioni” di questo status quo. La vista, o meglio la visione, di un panorama molto appagante induce a desiderare di mantenerlo così com’è, senza alcun “ritocco” e adeguamento ad alcune comodità universalmente già acquisite nella società occidentale che abita in pianura.
D’altra parte, se si considerano invece le esigenze di alcuni abitanti che risiedono nelle frazioni raggiunte solo da sentieri e ancor più la speranza di limitare lo spopolamento del territorio, di offrire una condizione di abitabilità compatibile con la “contemporaneità” per poter garantire nel tempo un numero adeguato di presenze, la prospettiva è completamente diversa.
Il conflitto fra questi due punti di vista è evidente soprattutto per quanto riguarda l’asse viario. Tuttavia, se si desidera assicurare una continuità a queste realtà montane a rischio di isolamento e di spopolamento occorre che il contrasto sia in qualche modo risolto, con un dialogo che assicuri al contempo interventi reversibili, leggeri.
In un ambiente montano selvaggio, il cemento e la devastazione del paesaggio sono gli elementi che più terrorizzano un cittadino in vacanza lunga, o breve, estiva, o da finesettimana. Le migliorie della mobilità a misura di automobile, in ogni caso, non devono devastare il territoro, per esempio, con il ricorso a materiali che provochino impermeabilizzazione del suolo e annullino le caratteristiche principali della conformazione dei luoghi.
La reversibilità degli interventi è un elemento fondamentale per la tutela del paesaggio e la sua trasmissione alle generazioni future. Questo è ormai un dato di fatto assodato e acquisito da parte delle amministrazioni più sensibili.
Rimella, da questo punto di vista è stata particolarmente lungimirante, perché è molto ben conservata, come scrivevo sopra e spero che continui ad esserlo a lungo, o piuttosto per sempre… In effetti, se si desidera investire su un turismo di nicchia, consapevole, di qualità, è opportuno considerare e capire il punto di vista di chi viene “da fuori” e sceglie un posto speciale che va tutelato senza museificarlo.
La museificazione del territorio è in effetti un pericolo da evitare, perché porta allo spopolamento e alla falsificazione, o alla mitizzazione di un passato più o meno remoto che rischia di diventare sterile per i piccoli paesi di montagna.
Una caratteristica che emerge nel trascorrere il tempo a Rimella è la sua autenticità e questo è un fattore importantissimo da mantenere. Le case, il territorio sono stati conservati, ma senza congelare abitudini e modi di vita. Per cause diverse, nonostante lo spopolamento che ha riguardato questo Comune, come gli altri montani in tutto il Piemonte, la vita delle persone sembra comunque essere ancora basata su relazioni forti fra gli abitanti.
Per quanto il mio sia solo uno sguardo esterno, mi è parso però di cogliere una rete di relazioni umane notevoli, come attestano la presenza di ragazzi molto affezionati al luogo, ben disposti a socializzare, a fare musica insieme (in particolare grazie alle fisarmoniche e al canto) e di anziani che chiacchierano fra di loro, giocano a carte con regolarità nel loro punto di ritrovo abituale.
Nella frazione centrale di Rimella, Chiesa, la presenza di un bar-ristorante-albergo storico ha da questo punto di vista una grande importanza, anche grazie alla gentilezza e alla generosità fuori dal comune delle proprietarie. Ma anche nella frazione di San Gottardo ben due punti di ritrovo pubblici, garantiscono altrettanti posti di scambio e relazione.
La connessione internet in questi luoghi è uno strumento importante per evitare l’isolamento, così come la possibilità di lavorare da remoto data ormai a molti lavoratori che possono salire dal fondovalle e dalle città più facilmente dopo la pandemia.
D’altra parte, chi decide di vivere quotidianamente in un ambiente particolare, esposto alla difficoltà di comunicazione (in realtà i mezzi pubblici assicurano quattro corse al giorno, situazione che permette una buona raggiungibilità anche a chi non ha la macchina), alla necessità in molti casi di uscire dal Comune per recarsi al lavoro, agli elementi naturali(in particolare a nevicate copiose), ha anche gli “anticorpi” necessari ad affrontare situazioni complesse.
Occuparsi di drammaturgia montana significa riflettere anche su questioni e problematiche scomode, ma delle quali è meglio parlare, per poter assicurare a posti unici per la loro bellezza e per la determinazione di chi li abita un futuro stabile di presenza.