Drammaturgie urbane e fotografia.

Nel contesto della drammaturgia degli spazi, l’esplorazione dello spazio urbano, in particolare di quei luoghi liminari della città dove emergono diversi elementi di contrasto, di vero e proprio conflitto, o di sperimentazione/innovazione, è condotta anche attraverso la fotografia, uno dei linguaggi che meglio si adattano all’elaborazione di progetti di drammaturgia urbana.

Il concetto di periferia è tutt’altro che statico: nella sua evoluzione storica si possono osservare significativi cambiamenti, quando ci si riferisce a una realtà concreta, monitorabile con agio e regolarità nel corso del tempo. Da questo punto di vista la documentazione fotografica ha un ruolo fondamentale.

Penso per esempio alla realtà di Milano, la cui periferia è molto cambiata in questi ultimi decenni con un grande sforzo di riqualificazione, nella maggior parte dei quadranti sud, sud-est, sud-ovest (Ripamonti-Scalo P.ta Romana, Corvetto, Alzaie Navigli-San Cristoforo), nord-ovest (Bovisa, Cascina Merlata), nord-est (Bicocca).

Gabriele Basilico, il quartiere Isola di Milano, fotografia in bianco e nero
Gabriele Basilico: il quartiere Isola. Milano. Fotografia in bianco e nero.

Camminare e visitare a fondo i diversi quartieri, fermare in immagini fotografiche frammenti di  ciò che sta scomparendo, e ciò che sta nascendo – le due situazioni sono complementari – è uno degli atti necessari per chi si occupa di drammaturgia urbana e, in generale, di drammaturgia degli spazi.

Le villette in periferia e nelle cittadine di provincia

Un’attività da svolgere, secondo il mio punto di vista, contemporaneamente rispetto a livelli diversi di urbanizzazione, per capire i differenti indirizzi e realtà socio-economici di una nazione. Accanto a ciò che avviene a Milano, quindi, ritengo importante esplorare dimensioni urbane molto più piccole: cittadine di provincia, piccoli centri che hanno il ruolo di “snodi”, poli di attrazione in zone semi-marginali, o marginali.

Senza contare che le megalopoli sono estranee al territorio italiano, le grandi città sono sostanzialmente tre (Roma, Milano, Napoli), la maggior parte del paese è “ricoperto” di piccole città, cittadine, borghi e un sempre più infestante fenomeno di dispersione/allargamento verso il margine dei confini comunali.

Paradossalmente, è più facile imbattersi in “ecomostri” nelle periferie di piccole città di provincia, o nei comuni dell’hinterland di grandi città dove le abitazioni “indipendenti” esibiscono ai passanti il cattivo gusto del padrone di casa e del suo progettista, ma soprattutto l’assenza di scrupolo degli amministratori locali.

Questi ultimi hanno finto (e fingono) di ignorare le conseguenze della cementificazione selvaggia, del consumo del suolo ad oltranza e al conseguente effetto di “urban sprawling”, ovvero di sparpagliamento di case in terreni un tempo agricoli, o semplicemente non produttivi/selvatici.

Infatti, più villette si costruiscono, più aumenta il consumo di suolo, non solo a causa dell’edificio in sé, ma per le infrastrutture che vengono costruite a loro supporto. Strade, stradine, rotonde, svincoli, parcheggi, supermercati….il tutto in un contesto democrafico di crescita zero…

Il famigerato paesaggio composto da case indipendenti, semindipendenti, villette, villette a schiera, pseudo-ville (dove il sostantivo villa è utilizzato dalle agenzie immobiliari per nobilitare un edificio mediocre e renderlo più appetibile sul mercato) ha sostituito brughiere, prati, boscaglie, parchi, giardini, terreni incolti e coltivabili, a livelli impressionanti soprattutto fra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta.

Luigi Ghirri, fotografia del patio di una villetta color pisello.
Luigi Ghirri: dettaglio di unità abitativa parte della serie Colazione sull’erba. Fotografia analogica a colori. Copyright eredi Luigi Ghirri

La pianura padana – uno dei luoghi più fertili in assoluto del pianeta – si è così rivestita di capannoni e villette, così come la zona pedemontana dell’arco alpino, delle fasce costiere da nord a sud. Con un’aggravante. A sud le villette sono sostituite in buona parte dagli scheletri delle medesime, oltre che da monumenti di abusivismo edilizio.

Anche all’estero i comuni che compongono al “cintura” delle grandi città, o molte cittadine di provincia sono caratterizzate da zone dalle architetture scarsamente attraenti, ma in quel caso il problema sorge dall’effetto di monotonia, di grigiore, di assenza di elementi esteticamente interessanti.

Le abitazioni “indipendenti” e semi-indipendenti che fra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta hanno devastato il paesaggio italiano, al contrario, sono contraddistinte da un eccesso di diversificazione, di colori, di forme, di proporzioni che restituiscono per gli occhi e la mente un’idea di  disordine, a livello formale e cromatico.

Il disagio visivo proviene da interferenze di stili, citazioni, evocazioni di miti di benessere, illusoriamente raggiunto. Le cancellate, i cancelli, i portoni di casa e dei garage, i materiali dei rivestimenti, delle finiture, le scelte cromatiche delle pareti esterne, i piccoli soprammobili e gli arredamenti da giardino compongono scenografie bizzarre che, solo in apparenza, rinviano alla varietà dei capricci barocchi (stile sovente citato, seppure in modo deforme, in fontane di cemento, grate, pavimentazioni).

La cattiva qualità dei materiali, il trionfo del kitsch (non voluto) di questi edifici rivelano ciò che si nasconde alla loro base: il concetto di “imitazione”, di aspirazione al prodotto-simbolo di autentica elevazione sociale che ai committenti di questi edifici è preclusa, un’autentica villa con parco e vista panoramica.

Da questo punto di vista alcune serie di fotografie di Luigi Ghirri attraverso l’isolamento di alcuni dettagli architettonici delle “villette” trasformano il trionfo del kitsch in immagini metafisiche. I verdi pisello più improbabili delle facciate fermati nello scatto si conquistano un’aura che li eleva in un’altra dimensione..

Luigi Ghirri: fotografia di una scala con ringhiera in ferro
Luigi Ghirri: dettaglio di unità abitativa appartenente alla serie Colazione sull’erba. Fotografia analogica a colori. Copyright eredi Luigi Ghirri.

Si trasfigurano. Diventano gli elementi di una scenografia vera, di un teatro vero che ha sede direttamente lungo le vie delle cittadine romagnole ed emiliane. Grazie alle scelte di de-saturare il colore delle fotografie la violenza delle combinazioni cromatica delle “villette”, dei loro serramenti di bassa qualità, in plastica o alluminio, perde di intensità e diventa altro. Un’immagine sospesa, in una dimensione surreale.

Alle villette anni Cinquanta e Sessanta costruite ex novo in quartieri periferici delle cittadine di provincia, nelle aree industriali si sono aggiunte anche le ristrutturazioni senza rispetto degli edifici d’epoca dei piccoli e piccolissimi paesi. Considerati poco alla moda, sono stati devastati, senza che le amministrazioni locali facessero niente per impedirlo, d’altra parte, tranne in alcuni luoghi, le tutele della Soprintendenza sono piuttosto recenti (per esempio, le architetture rurali sono tutelate dal 2005).

Così case antiche più che dignitose, dotate di persiane, di proporzioni armoniche, ma con finestre e balconi considerati troppo piccoli sono state violentate con tapparelle applicate a finestroni aperti in modo più o meno sconclusionato, con scale applicate in facciata, con cancellate e rivestimenti che si presentano di solito come un’accozzaglia di stili.

E’ il regno delle case con i mobili da giardino in cemento, le fontane prestampate, le sirenette, i nanetti, i leoni di guardia agli angoli dei pilastri del cancello, sorvegliati da cani (veri) obbligati ad abbaiare tutto il giorno ai passanti, perché non hanno altre alternative, se non una cuccia fredda, in qualche angolo delle pertinenze.

Questo genere di case prevede sovente l’impiego di vittime innocenti: i cani. Vivono reclusi, nell’illusione da parte dei proprietari di aver dato loro uno spazio in cui muoversi liberi, soprattutto rispetto chi vive in appartamento. Non a caso i cani delle “villette” scavano buche ovunque, per la noia, la solitudine e il nervosismo.

Passeggiare fra le “villette” di periferia, o delle zone industriali con una fotocamera permette di raccogliere dati molto interessanti sui quali riflettere. Le fotografie possono diventare l’opera in sé, o restare una semplice testimonianza che contribuisce all’elaborazione di progetti visivi, di drammaturgia degli spazi più o meno complessi, affidati ad altri strumenti e linguaggi.

Luigi Ghirri, serie Catalogo. Fotografia.
Luigi Ghirri: Facciata di unità abitativa appartenente alla serie Catalogo. Copyright: eredi Luigi Ghirri. Fotografia analogica a colori.

Periferie cittadine, speculazione edilizia e “rigenerazione urbana”.

La periferia urbana, di una grande città come Milano offre in questi ultimissimi anni la dimensione di un luogo che si migliora, migliora la qualità estetica e di vita di ampi porzioni di territorio, mostra il dinamismo, il fermento in atto, la capacità di reinventare funzioni degli edifici preesistenti, rinnovare e ripensare ex novo interi quartieri.

Ciò non significa che la speculazione sia assente – tutt’altro – ma quanto meno riesce a restituire a chi ci abita, o a chi frequenta i luoghi un’idea di città più vivibile, stimolante, attiva.

La maggior parte dei grandi complessi industriali è stata riconvertita, o smantellata, o lo sarà a breve (un breve compatibile con i tempi dell’urbanistica). Le fotografie di Gabriele Basilico – a cui sono dedicate due mostre in città – hanno fissato scorci prospettici di luoghi che sono scomparsi, o stanno scomparendo.

Gabriele Basilico: un paesaggio industriale nel quartiere RIpamonti-Vigentino. Fotografia in bianco e nero.
Gabriele Basilico: via Giovanni Cadolini. Fotografia in bianco e nero.

Ma soprattutto hanno lasciato memorie di un’idea di periferia come luogo alienante, degradato, angosciante, segnato da moduli, ripetuti come in un incubo di un labirinto di specchi, o di fabbriche e di edifici anneriti dallo smog. Uno spazio ai margini, un elemento da rimuovere nella percezione della città stessa.

Questo concetto di periferia al momento è sostituito dal concetto di “rigenerazione urbana”, un termine che al di là delle buone intenzioni di alcuni, permette di proteggere gli affari degli immobiliaristi che sono passati a un nuovo tipo di speculazione edilizia. A differenza del passato, l’arricchimento smodato di pochi, almeno può convivere con un miglioramento della qualità della vita di interi quartieri e del paesaggio.

 

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