Drammaturgia montana e punti di vista – Carcoforo III

Questa settimana si conclude il periodo di residenza artistica a Carcoforo, piccolo Comune dell’Alta Val Sesia, precisamente della Val d’Egua (VC). Gli scambi con gli abitanti durante la raccolta dei loro pensieri, delle loro percezioni sul luogo in cui abitano, gli elementi naturali e sui protagonisti non umani delle loro vite sono stati molto intensi e particolarmente coinvolgenti.

Mi sono sentita accolta e trattata come a casa, ho raccolto molte idee e ho ricostruito prospettive inedite e più profonde su molti aspetti della vita in montagna. D’altra parte, nonostante il ridotto numero di residenti effettivi e le molteplici difficoltà che gli abitanti riscontrano nella quotidianità (assenza di presidi sanitari, scarsità di trasporto pubblico e rischio di aumento delle tariffe, limitata presenza di merci) si percepisce che è vivo e attivo.

Colle della Bottiggia, segnavia
Targa segnaletica al Colle della Bottiggia, varco fra Carcoforo e Macugnaga.

La permanenza in loco ha permesso di conoscere più da vicino molti aspetti della vita di questo luogo, delle relazioni che intrecciano gli abitanti con quest’ultimo.

Anche nel corso di questa residenza ho avuto modo di sviluppare alcune riflessioni riguardanti il riutilizzo dei luoghi “semi dimenticati”. Mentre a Rassa ci siamo dedicati al recupero del vecchio lavatoio costruito intorno agli anni Cinquanta lungo il torrente Sorba, insieme al Vicesindaco Renato Calzino, a Carcoforo abbiamo individuato due spazi comunali “interessanti”.

Il primo è un ex negozio di alimentari di proprietà del Comune ha buone qualità per trasformarsi in uno spazio espositivo; il secondo è una pesa pubblica. Quest’ultima non potrà essere utilizzata nel periodo invernale – quindi per ora sarà esclusa dalla restituzione che si inaugura il sette dicembre p.v. – perché collocata in un luogo dove si accumula la neve, ma in estate sembra offrire interessanti promesse…

Uno degli elementi che emergono in modo più evidente dalle caratteristiche del progetto “Nidi, nodi. Fluidi”  è, inoltre, l’opportunità di osservare un territorio attraverso gli occhi di chi lo abita da anni e da decenni. Di imparare quindi molto velocemente a confrontarmi con il paesaggio attraverso informazioni molto precise raccolte attraverso la frequentazione dei residenti.

Giorno dopo giorno, a mano a mano che sono entrata in contatto con nuove persone e con nuove indicazioni di visite dell’ambiente circostante il mio modo di osservare e percepire è stato sollecitato e orientato a dirigersi verso differenti direzioni.

Ho potuto vedere il paese e i suoi dintorni attraverso la selezione estetica, affettiva, emotiva di ciascun dei residenti che mi hanno rivelato le loro preferenze di frequentazione dei luoghi, di scelte. Si è così via via composto un quadro complesso in cui convivono visioni di alta quota, di alpeggi, di angoli di paese, con semplici porzioni di pertinenze domestiche.

Fotografia di Sonia Arienta-Verso il colle della Bottigia
Sonia Arienta: verso il Colle della Bottiggia. Sul sentiero di collegamento Carcoforo-Macugnaga

Nel recarmi in tutti i luoghi suggeritimi per fotografarli “su commissione”  sono così stata messa nelle condizioni di attraversare lo spazio, prenderne fisicamente le misure, respirare, toccare e osservare di volta in volta i tratti e le caratteristiche di porzioni di paesaggio scelti da occhi e menti diversi dai miei.

Al contempo, nel cercare i luoghi preferiti degli altri, naturalmente, ho di conseguenza scoperto anche quali fossero i miei. Per quanto, nella maggior parte dei casi, la mia selezione è determinata da fattori estetici ed emotivi, più che affettivi.

Il processo di scoperta dei luoghi si che sviluppa durante tutto il periodo della residenza è fondamentale, perché attraverso le peregrinazioni con mete prescritte e comandate si compone una fitta ragnatela di vie, di percorsi che ricostruiscono i rapporti fra gli abitanti e il loro territorio.

Si tratta di un percorso in cui progressivamente il paese al centro dell’attenzione si rivela nei suoi aspetti più reconditi e al contempo più manifesti. Gli abitanti scelgono come luoghi favoriti, a seconda dei casi, posti noti per la loro bellezza, punti panoramici, ma anche alpeggi nascosti, baite immerse nei boschi note solo ai residenti.

Grazie a queste rivelazioni ho il privilegio di addentrarmi nella dimensione vitale e quotidiana del paese, al contempo la preservo da sguardi indiscreti perché i nomi dei luoghi fotografati restano ignoti – escludo l’uso delle didascalie.

Un segugio alpinista. Ribes di Montersino al Colle della Bottiggia
Segugio alpinista, in posa, al Colle della Bottiggia.

Non mi interessa infatti effettuare un’operazione turistica di promozione, ma di offrire la possibilità di ricomporre una ricognizione del territorio multifocale, ovvero ricostruita attraverso la molteplicità dei punti di vista di chi abita quei luoghi da sempre, o da molto tempo e li ha identificati come “preferiti”.

Fra le foto degli abitanti c’è anche inserito il mio punto di vista, nella scelta delle inquadrature in molti casi, nell’uso della luce – anche se nella maggior parte dei casi è dettata dalla necessità e dalle condizioni meteo – e nella proposta di un mio “luogo preferito”, individuato nel corso delle ricognizioni.

Le condizioni meteo, al di là delle influenze sulle riprese fotografiche, hanno anche conseguenze sulla possibilità di “ritrarre” il paesaggio sotto il profilo migliore, oppure no, almeno nel sentire comune. Più giorni di pioggia costringono a immortalare il luogo anche da un punto di vista non per forza da cartolina. Questo è un aspetto interessante.

Infatti, proprio da questa forzata esigenza, in alcuni casi, di fotografare i luoghi in ogni condizione di luce e meteo – a eccezione di quelli in alta quota, per ovvie ragioni di sicurezza – mi sono confrontata con gli aspetti più “nascosti”, con il dietro le quinte dell’abitare in montagna.

In questo “retropalco” alle nuvole cariche di pioggia che scoraggiano i turisti della domenica – ma non intimoriscono i villeggianti storici, o abituali – si affiancano così gli attrezzi per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade (ruspe, scavatori, ghiaia, asfalto, carriole) e gli indizi dei preparativi per l’inverno (pacchi e pacchi di pellet ammonticchiati in ordinati bancali).

La drammaturgia degli spazi, dal mio punto di vista, mette in luce ciò che di solito sfugge di un luogo, si basa su una prospettiva multifocale, grazie all’aiuto dei partecipanti al progetto, ovvero degli abitanti, presenta un luogo senza trucchi e maschere, lascia emergere eventuali conflitti e contraddizioni.

In sostanza si basa su un confronto dialettico fra il luogo, chi lo abita e lo conosce bene e un soggetto esterno che li osserva, seleziona e rielabora quanto ha visto, ascoltato, imparato e capito.

Il Monterosa dal Colle della Bottiggia
Panorama dal Colle della Bottiggia, verso il Monte Rosa.

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