Lunedì prossimo, 5 giugno, alle 11.00 presso la sede di Unione Montana a Varallo Sesia ci sarà la presentazione del mio progetto Nidi, nodi. Fluidi (Atto Primo), curato da Gabi Scardi, realizzato con il patrocinio e il contributo dei Comuni di Alto Sermenza, Carcoforo, Civiasco, Rassa, Rimella, Rossa, il contributo di Fondazione CRVC, con il coordinamento di Unione Montana dei Comuni della Valsesia, in particolare attraverso l’Assessorato alla Cultura, il supporto tecnico di Fondazione Valsesia e di ATL Valsesia.
Partner fondamentali del progetto sono inoltre il Liceo Artistico Carlo d’Adda di Varallo, Museo Carlo Conti di Borgosesia, l’Ente Parco Alta Valsesia, l’Associazione Spazi Comuni, il Centro Studi Giovanni Turcotti.
Nidi, nodi. Fluidi è un progetto che ha radici antiche, in quanto è strettamente legato al mio interesse per lo spazio, i luoghi, il paesaggio come elementi nei quali interagiscono le persone, gli altri esseri viventi, gli oggetti, emergono relazioni complesse: affettive, estetiche sociali.
La production de l’espace di Henry Lefebvre, i testi di Denis Consgrove, in particolare Social formation and Symbolic Landscape, Space and place e Topophilia di Yi-Fu Tuan, Sociologia degli spazi di Alberto Gasparini, Il discorso dei luoghi, una raccolta di saggi di autori diversi (G. Bassanini, C. Braga, L. Cascitelli, F. Celaschi, I. Faré, B. Giorgini, P. MOroni, N. Piccolo) sono stati testi fondamentali nel mio approccio allo spazio e ai luoghi sul piano concettuale nel corso degli anni, in particolare durante i primi anni del nuovo millennio.
D’altra parte, lo spazio è un elemento centrale nell’impostazione del mio lavoro e della mia ricerca fin dall’esordio della mia formazione, non tanto in Università, quanto in Accademia a Brera, anche se il mio punto di vista e il mio modo di lavorare sono sempre più estranei a un approccio progettuale basato sulla “finzione”, sull’elaborazione visiva di uno spettacolo da collocare in un teatro tradizionalmente inteso.
Poiché mi interessa concentrarmi sullo spazio, come luogo principe in cui avvengono relazioni, mi sento piuttosto limitata nel progettare in uno spazio chiuso, come quello della gabbia scenica, la “scatola magica” nella quale si creano meraviglie illuminotecniche e scenotecniche per incantare lo spettatore, in un teatro prevalentemente incentrato sul repertorio, anziché sulla produzione di autori viventi.
Lo studio dello spazio e dei luoghi ha occupato in modo pressoché esclusivo alcuni anni del mio lavoro di ricerca, in particolare fra il 2005 e il 2011, quando ho sentito la necessità di esplorare e approfondire i rapporti fra l’immaginario di un’epoca, di una società e i luoghi pensati dagli autori di un genere dove lo spazio avesse un’importanza determinante su più livelli, come avviene nella dimensione del teatro lirico.
Ho dedicato una monografia ai paesaggi, ai luoghi, agli spazi abitati dai personaggi nell’opera italiana ottocentesca (Opera. Paesaggi visivi, sonori, abitati, LIM 2011), così come li hanno concepiti gli operisti e i loro librettisti nel corso del secolo.
I personaggi sono pensati in relazione alla loro collocazione spaziale, pertanto la scelta dei luoghi nei quali appaiono è funzionale ad esaltare, a sottolineare la situazione drammatica. I luoghi possono essere in contrasto o in sintonia con lo stato d’animo del paesaggio, avere caratteristiche simili nella produzione di un compositore.
Un musicista può mostrare un’inclinazione per un certo tipo di ambiente rispetto a un suol collega. Questo insieme di dati non è mai “neutro”, rivela aspetti precisi riguardanti la visione del mondo dell’operista stesso, del suo librettista in un’ottica storico-culturale. Aprire un’opera in una piazza è diverso concettualmente e visivamente rispetto a una collocazione in un bosco, o in una sala da pranzo.
La frequentazione quotidiana dei libretti mi ha dato modo di verificare quali fossero le preferenze, o le idiosincrasie, dei compositori principali, i più noti, le colonne portanti dei cartelloni internazionali (Rossini, Verdi, Donizetti, Puccini, Bellini) e di quelli meno noti oggi, ma attivi alla loro epoca
Questo lavoro mi ha permesso di approfondire il concetto di spazio, di luogo, di paesaggio in sé e in riferimento alla creazione/concezione di un prodotto artistico e al contemp di capire meglio le funzioni dei luoghi, i rapporti affettivi ed estetici, le relazioni di potere che si esprimono nell’uso e nella progettazione degli spazi.
Per tornare a Nidi, nodi. Fluidi, ovvero al presente, al centro dell’attenzione ci saranno gli abitanti di alcuni piccoli Comuni delle valli laterali della Valsesia: Alto Sermenza, Carcoforo, Civiasco, Rassa, Rimella, Rossa. La scelta è stata compiuta in funzione della loro collocazione strategica sul piano geografico, in quanto sono tutti collocati in zone di valico verso la Valdaosta, il Cusio, o le valli ossolane.
Inoltre sul piano estetico e su quello paesaggistico rappresentano oasi felici, in quanto non hanno subito scempi edilizi frutto della speculazione e dell’assenza di scrupoli riguardo alla tutela dell’ambiente e delle specie diverse che lo abitano. Al contempo, presentano alcuni elementi di criticità: un’alta età media, un calo demografico, una contrazione dei residenti.
Per loro fortuna, questi Comuni sono “fuori” dal giro dello sfruttamento montano e dai parchi gioco sciistici dal destino peraltro ormai segnato a causa del cambiamento climatico. Per loro sfortuna, in una società pigra, sul piano mentale e fisico, la loro collocazione “decentrata”, fuori dalla direttrice principale che corre lungo la strada che dalla pianura porta ai piedi del Monte Rosa, rischia di escluderli da contatti e apporti preziosi dall’esterno.
Questa situazione articolata ha le caratteristiche ideali per condurre un lavoro di drammaturgia montana partecipata che vada alla scoperta dei punti di vista personali dei singoli abitanti, rispetto al loro rapporto con il territorio, con gli elementi naturali, con il paesaggio. Sono abitanti che “resistono” in un ambiente isolato, motivati a restare nonostante le scomodità e l’assenza di servizi da ragioni personali e che scoprirò strada facendo.
Attraverso le risposte riportate sulle schede che distribuirò agli abitanti e che compileremo insieme, o completeranno da soli, emergeranno i loro punti di vista. Sarà possibile per me creare opere che attraverso il filtro di queste persone parlino dei loro luoghi, del loro paesaggio quotidiano, visti ad un tratto con uno sguardo diverso.
Una parte importante del progetto sarà poi costituita dallo scambio del materiale da un Comune all’altro, così da intrecciare gli sguardi da una valle all’altra, per ricordare il senso di appartenenza e di legame affettivo in un contesto di comunità montana di antichissime tradizioni, senza per questo assumere atteggiamenti di ripiegamento e di ostilità verso il presente, il futuro, o per chi viene dall’esterno.