Milano è la città della moda… si sa… Un punto di partenza favorevole per avere a disposizione una quantità di vetrine popolate da ATTORI SILENZIOSI che parlano ai passanti attraverso la loro gestualità.
Mi riferisco ai MANICHINI che trascorrono il loro tempo in pose ricercate, ardite, buffe, rigide, scomposte, blasé, annoiate, modaiole, divertenti, ridicole, esagerate, bon ton, chic, sorprendenti, rassicuranti per invogliare i passanti agli acquisti, trasformarli in clienti.
I manichini sono esposti per AUMENTARE LE VENDITE; ATTIRARE L’ATTENZIONE DEL CONSUMATORE. Ragioni che impongono di assecondare i gusti del CLIENTE, o stimolare i suoi bisogni, aspirazioni, proporre modelli impliciti di comportamento, gusci esterni di “rappresentazione di sé”. Ognuno di questi oggetti dalle sembianze antropomorfe nelle mani del vetrinista si trasforma in un personaggio che DEVE comunicare un messaggio chiaro e forte a chi lo osserva, che deve colpire il TARGET di ciascun esercizio commerciale/impresa di abbigliamento (a questo proposito consiglio di leggere le numerose pubblicazioni del Prof. Vanni Codeluppi e di Mauro Ferraresi, oltre che al canonico-classico testo di Roland Barthes Il senso della moda).
I manichini che affascinano un certo tipo di acquirente possono respingerne decisamente un altro, per motivi anagrafici, per contesto sociale, o culturale, per gusti personali.
Sono una specie molto particolare di attori che interpretano “personaggi” con il compito di invogliare agli acquisti attraverso una sottile, occulta opera di persuasione, compiuta grazie alla sollecitazione di desideri/mancanze/vuoti da riempire…ambizioni sociali…cura di sé, o aspetti narcisistici presenti in ognuno di noi.
La condizione di silenzio obbligato a cui li condanna la loro essenza di oggetti inanimati paradossalmente accresce in modo esponenziale il potere evocativo delle loro esistenze, la densità delle loro storie “non dette”, non esplicitate, lasciate all’immaginazione del pubblico.
L’osservatore si immagina in quei vestiti, costruisce e adatta al proprio stile di vita la “storia” taciuta e al contempo suggerita attraverso i colori, il taglio, l’accostamento dei diversi pezzi di abbigliamento composti sul manichino che diventano OGGETTI DEL DESIDERIO.
Per la particolarità degli abiti, per la capacità di creare un personaggio, in funzione del singolo marchio, i manichini possono essere eroi del kitsch o campioni di eleganza. Sbruffoni o pop. Sono condannati a esibirsi in pose dai gesti esagerati, raffinati, stucchevoli, prevedibili, glamour.
Al di là del materiale di cui è fatto il manichino, quest’ultimo si trasforma in attore silenzioso capace di indurre il pubblico a entrare nel negozio e magari comprare ciò che indossa. O piuttosto un modello identico, di rado vengono “svestiti” direttamente per rivestire il cliente.
A seconda del livello del prodotto, del marchio, delle logiche della singola catena, nonché del gusto del venditore (nel caso di negozi indipendenti) al manichino può essere assegnata una “personalità” più o meno forte.
In questo contesto, il lavoro di Drammaturgia Urbana, si concentra innanzitutto sulla Gestualità del manichino, sulle pose che gli sono assegnate e l’Immaginario che evocano, prima ancora che sui vestiti indossati.
Ne conseguono alcune domande di partenza… :
- Ci siamo mai chiesti quali siano le pose abbinate a un certo tipo di abito/marca?
- Come sono le pose dei manichini dei brand principali e quelli dei negozi indipendenti, delle catene a prezzi stracciati, di negozi indipendenti low cost, o indipendenti di qualità/lusso?
- Quali pose assumono e con quale frequenza vengono cambiate (mesi, anni, settimane)?
- Avete notato che ci sono negozi che preferiscono manichini più o meno realistici, mentre altri usano solo busti, tronchi senza testa? Una folla di decapitati che indossano vestiti senza che noi rabbrividiamo come al cospetto dello spettro di Maria Stuarda o Maria Antonietta…
- Ci sono sostanziali variazioni nelle pose per le grandi occasioni del calendario? O le stesse pose sono proposte anche negli altri giorni?
Queste domande rimandano alla sociologia dei consumi e alla comunciazione, al marketing specifico dell’industria-moda costituiscono la base per una prima fase del lavoro. Dove saranno studiate le pose, fotografati i cambiamenti nel tempo.
Poiché desidero concentrare l’attenzione sul personaggio-manichino e il messaggio che invia, ci sarà una galleria di attori silenziosi collocati su di uno sfondo neutro, dove possano essere messe in rilievo le pose. Si crea in tal modo una galleria di figure-statue che testimoniano e riflettono i desideri, i codici di comportamento, gli atteggiamenti “di moda”, in voga, à la page, up to date di un periodo. Scie, tracce di abitudini e di vissuto di una contemporaneità destinata a essere “archeologica” l’attimo successivo, quando diventa ormai “passato”.
Dopo questa “depurazione”-decantazione, studio dei personaggi sceglierò per contrasto il contesto urbano più adatto a decontestualizzare il personaggio-glamour, l’oggetto del desiderio.
Il momento successivo comporta un atteggiamento critico. In questa seconda fase, i manichini sono decontestualizzati e inseriti in paesaggi molto diversi dall’universo patinato e irreale in cui sono calati. La scatola di vetro della vetrina è annullata grazie a interventi di postproduzione fotografica e i manichini, gli attori silenziosi sono inseriti in tutt’altro contesto. Quello delle realtà urbane più degradate, angoli del centro negletti, dimenticati, spazi dismessi, luoghi tristi, sciatti, trasandati, mal utilizzati della città.
Gli scatti fotografici di partenza sono effettuati in corrispondenza di date-chiave per l’uso che si fa dei vestiti, sia da parte di chi li indossa, sia da parte di chi li produce. Grandi occasioni in cui le vetrine devono dare il meglio di sé per spingere le vendite, come a Natale, Capodanno e a S. Ambrogio, la Settimana della moda (inverno e primavera), i cambi di stagione, i saldi (estivi e invernali).