Fra gli spazi “critici”, problematici, legati all’esercizio del potere, i luoghi di lavoro hanno sicuramente un ruolo “d’onore”, insieme a quelli legati alla formazione/istruzione e a quelli domestici.
Sostanzialmente, le relazioni interpersonali “malate” possono trasformare in inferni le dimensioni abituali nelle quali si muovono gli individui se questi ultimi sono esposti a ricatti psicologici, manipolazioni, condotte sleali.
Si tratta di tre spazi vitali per ciascuno di noi, perché riguardano porzioni importanti della nostra vita, sia sul piano della gestione delle emozioni, sia sul piano temporale.
Luoghi che dovrebbero, o potrebbero essere una fonte di “sicurezza” e protezione, si trasformano, invece, troppo di frequente in ambienti invivibili, o dove si sopravvive con difficoltà, circondati da un inquinamento sottile e pervasivo di ordine psichico.
Lo spazio della mente in questi contesti subisce restrizioni, pressioni, colonizzazione di organismi pericolosi in modo analogo a un terreno trasformato in un deposito abusivo di scorie radioattive.
Questi spazi possono diventare terreni violati e violenti, soprattutto se chi diventa il “bersaglio” soggiace ai ricatti, a causa di bassa autostima, o di paura.
La manipolazione avviene principalmente attraverso quattro strategie: l’intimidazione, la provocazione, la seduzione e la tentazione. Ognuna di esse colpisce una o più emozioni precise.
In particolare, quando ci si riferisce ai ricatti psicologici legati agli spazi citati sopra – ovvero ai luoghi di lavoro, a quelli della formazione/istruzione e a quelli domestici – la paura è il sentimento-chiave su cui il persecutore (uomo o donna) fa leva per imporsi e ridurre in “schiavitù” il suo bersaglio.
Esplorare questi luoghi e le relazioni “malate” che possono manifestarsi al loro interno è uno dei compiti principali dei miei lavori di drammaturgia e di riflessione critica.
In particolare ho dedicato a questi argomenti un libro (“Qui m’ascolta o m’uccidi. La rappresentazione della persuasione da Mozart a Puccini”, LIM 2015), dove gli esempi sono stati presi da un campo apparentemente “estraneo” dalla realtà, quello dell’opera lirica ottocentesca.
In realtà, questo contesto offre la possibilità di capire come funzionano i meccanismi con i quali i personaggi agiscono sulle loro vittime, in alcune situazioni altamente rappresentative dove si sviluppano rapporti di potere, di autorità e, in generale, relazioni “malate” fra gli individui.
I personaggi, infatti, per quanto creature fittizie, restituiscono e ripropongono in modo molto chiaro le strategie e i meccanismi di comportamento riscontrabili in situazioni reali-chiave. In particolare, attraverso i loro comportamenti, si possono ricostruire e seguire schemi mentali attuati nei rapporti di coppia tossici, o in contesti sociali squilibrati.
Può essere un modo per porsi domande sulle relazioni interpersonali, creare un proprio modo di ricerca applicata al contesto artistico, sollecitare le persone a porsi domande a questo riguardo. Riconoscere l’esistenza di rapporti “malati” è il primo passo per poterli disinnescare.
Inoltre condurre un’indagine di tipo storico, all’interno di uno specifico genere artistico, permette di osservare come cambiano gli schemi mentali e il modo di pensare assegnato ai singoli personaggi nel corso del tempo, non solo nella produzione di un singolo autore, ma a un livello più ampio, nel corso di un intero secolo.
Si scopre così, per esempio, che al variare delle condizioni storiche, economiche e sociali cambia moltissimo la capacità di reazione dei personaggi rispetto ai ricatti psiologici.
Se nelle opere di Rossini gli individui hanno sempre la forza di opporsi a chi li vessa, indipendentemente dal finale tragico o lieto, nelle opere di Verdi, i protagonisti perdono questa capacità in modo progressivo fino a diventare vittime inermi, alla mercè dei loro aggressori.
Occuparsi delle opere ottocentesche e della psicologia dei loro personaggi in questo momento storico, a un secolo abbondante di distanza, se non due, è un modo per capire meglio l’origine di molti atteggiamenti contemporanei nelle persone in carne e ossa.
Infatti, nonostante tutto, si tratta di prodotti culturali che fino agli anni Cinquanta del XX secolo hanno pesantemente influenzato la formazione degli italiani, anche in modo indiretto.
Soprattutto in un contesto culturale scarsamente attento alla formazione dei cittadini, Come quello italiano, l’esaltazione del pathos, dell’emotività legata all’opera ha contribuito indirettamente a “giustificare” un certo tipo di rapporti malati sul piano delle relazioni uomo/donna.
Penso in particolare all’identificazione che può scattare con alcuni personaggi violenti, ma molto coinvolgenti sul piano musicale, capaci quindi di catturare il pubblico – due fra tutti Canio inI Pagliacci di Leoncavallo e Don José in Carmen di Bizet.
L’ascolto acritico di queste opere e delle arie come compilation, conduce facilmente a scambiare questi amanti assassini, ossessivi, schiavi di conflitti irrisolti e di forti insicurezze personali, per amanti appassionati.
Questo genere di studi, inoltre, serve, inoltre, a dare gli strumenti per comprendere meglio i differenti contesti e le diverse modalità con i quali si manifestano i rapporti di potere e come si relazionano con gli spazi, a suggerire nuove prospettive di ricerca nel campo della produzione artistica.