VUOTI D’ERBA-Viafarini Work

Le problematiche legate all’ambiente e all’uso del suolo, insieme all’attenzione per personaggi appartenenti al regno vegetale e animale non umano, sono al centro di alcuni progetti dei quali mi sono occupata nel passato recente e dei quali mi interesso al momento.

“Aiuole clandestine (A-CLAN) per esempio, è un progetto attorno ai Personaggi Verdi che crescono nelle sedi dei pali stradali, o dei cartelli elettorali segati sui marciapiedi di Milano e altre città, presentato nel settembre 2021 grazie al sostegno di Municipio 1 Milano, un progetto ancora aperto (@aiuoleclandestine).

Come cittadina – posto che non ho alcuna competenza scientifica inerente questo argomento – mi pongo alcune domande attorno al concetto di “tutela” e di “consumo” del suolo in rapporto alla società, alla cultura in un dato momento storico, attraverso esempi simbolici. Che cosa significa “consumo del suolo? Chi consuma il suolo? Qual è il punto di vista di chi giudica le criticità e quale ruolo ha? (Da quali interessi è mosso)?

Installazione interattiva di Sonia Arienta
Sonia Arienta: Vuoti d’erba – Cheques Exchange. Installazione interattiva. Tempera su carta, rami bruciati, fotocopie b/n. Realizzata durante la residenza artistica NAHR.

Il compito di una persona che lavora con la propria creatività e che attraverso questa desidera intervenire in modo socraticamente provocatorio  può implicare anche una domanda quale “Che cos’è il consumo del suolo”? ma da un punto di vista assai diverso rispetto al modo di procedere di un urbanista, o di uno scienziato (geologo, biologo, o naturalista).

Sul piano della drammaturgia degli spazi – un modo di progettare che lavora ai confini fra arti performative e arti visive – questa domanda può essere posta in modo anche indiretto attraverso il lavoro stesso, così che i fruitori possano tornare a casa ponendosi questa e altre domande, circa i propri e altrui comportamenti rispetto al suolo.

D’altra parte, è necessario agire con cautela, perché il pericolo di creare prodotti didascalici, ideologicamente appesantiti, impegnati nel senso deteriore del termine (cioè didascalici, appunto) è davvero grande; o quello di immergersi in discorsi scontati, non supportati da una preparazione scientifica adeguata, generici, banali.

Sonia Arienta, "Vuoti d'erba" un progetto di drammaturgia montana partecipata, realizzata per NAHR, SOttochiesa, Valtaleggio. Residenza artistica presieduta da Gabi Scardi
Sonia Arienta: Che cosa c’è sotto? Terza parte di “Vuoti d’erba. Installazione multistrato, tempera, carta da lucido, carta da pacco, sale da cucina, cartoncino da acquarello. NAHR. Credits: Nora Sweeney

Chi si occupa di prassi artistica deve essere cosciente che senza competenze scientifiche, o senza una ricerca approfondita riguardo un argomento, senza un metodo di studio adeguato è difficile produrre un’opera dove forma e contenuto siano equilibrati. Il pericolo di realizzare lavori ingenui nell’affrontare le problematiche, appartenti più al campo della mera comunicazione da attivisti diventa molto elevato.

Credo sia molto importante che le persone, gli abitanti dei diversi Paesi e dei territori, con le loro singole caratteristiche, siano stimolati a chiedersi, domandarsi le ragioni di un consumo di suolo fuori controllo e le conseguenze.

Lavorare sul suolo, in un ambiente montano, con un tessuto “libero dal cemento”, come quello della Valtaleggio – luogo in cui è nato il progetto “Vuoti d’erba – in apparenza regno della natura, ha offerto le condizioni ideali per rilevare eventuali contraddizioni, conflitti, interessi nascosti e censure più o meno latenti, più o meno manifeste, rispetto a quanto accade al territorio.

Si tratta di un progetto di drammaturgia degli spazi, come anticipato sopra, in quattro atti/azioni, durante i quali i partecipanti compiono alcune azioni (minime, ma metaforicamente forti) inerenti il consumo del suolo e la sua “riparazione”/protezione.

Il sottotitolo infatti rivela la concezione “attiva” e partecipata del visitatore (“Un percorso drammatico in 4 parti/azioni”). La parola Atto infatti, rimanda sia alla ripartizione di un lavoro teatrale, sia all’agire.

Quando penso al consumo del suolo lo faccio in duplice modo: in senso letterale e in senso metaforico. In senso letterale il consumo del suolo riguarda l’atto in sé e le conseguenze reversibili e irreversibili che esso comporta. In senso metaforico, implica i cambiamenti e le minacce nascoste a una porzione di spazio legata alle nostre radici e al nostro stesso sostegno: stare in piedi, avere i piedi per terra e al radicamento.

Sonia Arienta, "Vuoti d'erba" un progetto di drammaturgia montana partecipata, realizzata per NAHR, SOttochiesa, Valtaleggio. Residenza artistica presieduta da Gabi Scardi
Sonia Arienta: Dove sono le capre? – parte prima di “Vuoti d’erba”. tempera su carta. NAHR. Credits: Giuseppe Mongiello

In una fase iniziale di questo lavoro pensavo di occuparmi degli allevamenti bovini da latte, sul “peso” che esercitano sull’ecosistema e sullo sfruttamento del suolo. Immaginavo di lavorare sull’erosione del suolo compiuto dalla mucche nei grandi allevamenti intensivi, magari lavorando con installazioni acustiche incentrate sui rumori emessi durante la masticazione e la triturazione dell’erba, o del fieno, o del mangime. Invece, ho scoperto una situazione molto interessante e meno nota che mi ha fatto cambiare il proposito iniziale.

Mentre mi stavo documentando a questo proposito ho scoprto una storia che ci rivela come il concetto di consumo di suolo sia volatile, mutevole, connesso con specifiche strategie economiche, le imposizioni di piccoli gruppi di potere e ragioni storiche.

Ciò che ho scoperto, o meglio “riscoperto” è la campagna denigratoria contro le capre sostenuta durante il periodo napoleonico, nei primissimi anni dell’Ottocento e durante il fascismo, iniziata già durante gli anni dell’Illuminismo, lungo l’arco alpino. L’ostilità verso questi animali, imputati di essere grandi “consumatori di suolo”, deriva dal ritenerli responsabili di rovinare i pascoli, danneggiare la proprietà privata;

Nel primo caso, si avvia una vera e propria campagna denigratoria, basata su “calunnie” diretta contro i caprini stanziati sulle Alpi, considerati come creature capaci di danneggiare in modo irreversibile e pericolosissimo il suolo, nonché di mordere gli umani con esiti fatali, posto che il loro morso viene equiparato a quello delle vipere.

Installazione di Sonia Arienta, drammaturgie montane. Un lavoro di drammaturgia contemporanea di ricerca
Sonia Arienta: Dove sono le capre? – parte prima di “Vuoti d’erba”. tempera su carta. NAHR.

Ciò che in realtà si desidera tutelare sono gli interessi dei ricchi proprietari di allevamenti bovini, molto più remunerativi di quelli ovini e caprini, data la produzione di carne, latte e suoi derivati, nonché le attività minerarie e le industrie di legname. La produzione casearia bovina ha scalzato quasi del tutto nel corso del XIX e del XX secolo quella caprina.

La capra diventa un “capro espiatorio”, a causa di interessi economici, contrapposta agli animali “buoni”, perché più redditizi: gli ovini (per la produzione di lana) e i bovini (per la produzione di carne, latte, formaggio), in realtà costituiscono un ostacolo per lo sviluppo dell’attività mineraria e del legname sulle quali si desidera puntare, perché molto più redditizie.

Attraverso la campagna denigratoria, basata su accuse pseudoscientifiche, lungo l’arco alpino ovini e bovini soppiantano i caprini, fino a spingere quasi all’estinzione alcune razze autoctone (fra le quali la capra orobica). La Valtaleggio è rappresentativa della “sostituzione” a fini economici di una specie con l’altra.

In questi ultimi vent’anni, tuttavia, agronomi e studiosi della biodiversità ritengono le capre utili per la cura dei pascoli e del suolo nell’arco alpino. Da reiette a “Protettrici” del suolo, anche le capre orobiche godono ora di attenzione.

Al di là dell’identificazione della capra con l’elemento dionisiaco e demoniaco, sfruttata per screditare questi animali, la fonte di disturbo era identificata nella tendenza delle capre a usare terreni altrui, a sconfinare fuori dal territorio, a usare risorse demaniali, o di proprietari terrieri.

Non solo. L’odio era incrementato dal fatto che i proprietari delle capre erano di solito le famiglie più miserabili del paese, le quali, non possedendo terreni propri, lasciavano che questi animali vagassero liberamente e quindi di fatto mettessero in discussione la proprietà privata, uno dei fondamenti della società borghese capitalistica, in contrapposizione alle tutele delle antiche tradizioni di solidarietà delle comunità montane.

Durante il fascismo, nel 1928, è pubblicato un editto contro le capre, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale che prevede una forte tassazione su ciascun capo, con la giustificazione che questi animali siano la causa prima dell’erosione del terreno, senza distinzioni regionali, accomunando situazioni di degrado del suolo presente in alcune zone del meridione con le condizioni molto diverse del terreno presenti sull’arco alpino.

A causa di queste azioni alcune razze (per esempio la razza Sempione e quella Orobica) hanno rischiato l’estinzione. La capra orobica, a pelo lungo di diverse colorazioni di mantello è limitata ormai a pochi esemplari, anche se negli ultimi due decenni si assiste a un’inversione di tendenza.

La “scomunica” delle capre per fortuna in questi ultimi vent’anni è progressivamente decaduta: ora questi animali si considerano custodi dei pascoli, in quanto li “puliscono” da piante infestanti. Naturalisti, agronomi, studiosi del settore paesaggistico e del territorio le ritengono vere e proprie protettrici del suolo nell’arco alpino.

Sonia Arienta: Dove sono le capre? – parte prima di “Vuoti d’erba”. tempera su carta. NAHR.

Dal punto di vista nutrizionale è ormai assodato che il latte caprino sia molto più digeribile e abbia una quantità inferiore di colesterolo di quello vaccino. Il trascorrere del tempo porta, come ho anticipato sopra, a ribaltare addirittura il concetto di chi è, o non è il protettore del suolo, in uno specifico momento storico.

A partire dalla “scoperta” di queste vicende, ho proseguito le ricerche e impostato il lavoro come una sorta di azione teatrale, con un prologo – nato e maturato grazie all’indagine storica descritta. Il I Atto/Azione-prologo è così incentrato sulle capre protettrici, trasformate in santi protettori.

Ho realizzato i ritratti di dieci capre di diverse razze alpine a tempera, inquadrati da cornici disegnate in oro, pizzo, collages  floreali così da rievocare le piccole immagini dei santi (i cosiddetti “santini”) usati per scopi devozionali e distribuiti come segnalibri e ricordi, inviti alla preghiera molto in auge nella prima metà del XX secolo. Questi ritratti sono stati inseriti in un’installazione. Inoltre, da essi sono stati ottenuti piccole cartoline che il pubblico può portare a casa, nel formato tascabile tipico dei santini, appunto.

Al prologo storico, derivato dalla ricerca attorno alla propaganda contro i caprini, ho fatto seguire tre azioni “contemporanee”, affidate ad altrettante installazioni interattive.

Mi sono documentata e aggiornata riguardo al consumo di suolo in Italia, e dati dell’Ispra alla mano ho usato le cifre più significative relative al 2020-21 come “metro” di misura per le installazioni che compongono la seconda, terza e la quarta parte del progetto.

Sonia Arienta, "Vuoti d'erba" un progetto di drammaturgia montana partecipata, realizzata per NAHR, SOttochiesa, Valtaleggio. Residenza artistica presieduta da Gabi Scardi
Sonia Arienta: “Vuoti d’erba”, parte 2, “Checques exchanges”, NAHR. Credits: Nora Sweeney. 40 fogli. Tempera su carta, cm 12×10, rilegatura in metallo.

In particolare, ho impiegato i dati circa il consumo del suolo al secondo procapite e mi sono avvalsa delle informazioni raccolte per scegliere e predisporre la superficie da impiegare. Poiché i dati del 2021 ci dicono che il consumo equivale a circa 2 metri a testa, ogni secondo, equivalente a 120 metri quadri al minuto ho usato quste due misure come metro di riferimento per costruire le due installazioni relative all’Atto Secondo e Terzo.

Penso sia utile mostrare fisicamente le dimensiioni di ciò che viene distrutto, quantificandolo visivamente attraverso l’opera stessa. Per il momento ho tralasciato di occuparmi di realizzare un lavoro che si riferisse ai dati relativi alla perdita registrata in un’ora (7.200 metri quadri) e in una giornata (172.800 metri quadri, ovvero poco più di 17 ettari). Ogni giorno perdiamo a testa 17 ettari. Siamo 62 milioni di italiani. La cifra è spaventosa. Secondo i dati raccolti dall’Ispra nel 2021 e pubblicati nel luglio 2022, la situazione è peggiorata, e la cifra raggiunge i 19 ettari, il risultato peggiore degli ultimi dieci anni.

Il 25% del territorio consumato riguarda gli edifici che occupano una porzione equivalente alla Liguria. Ma il 60% del consumo di suolo riguarda le strade e le altre infrastrutture, significa che uno dei maggiori responsabili è l’amministrazione pubblica, lo Stato stesso.

Nelle restanti tre parti del progetto i visitatori interagiscono con me, sono chiamati a compiere azioni servendosi dei disegni e delle installazioni in mostra. Si arriva infatti, a questo punto a un secondo nodo posto dal consumo del suolo: la distruzione di opere uniche realizzate nei secoli dalla natura, con o senza l’intervento dell’uomo. Ho pensato che fosse importante ricreare in modo controllato, regolato e consapevole un’azione che rimandasse e rievocasse l’atto di distruggere porzioni di territorio. Ovvero di cancellare qualche cosa di unico, o quanto meno, un risultato ottenuto nel tempo e con fatica dalla natura.

Il consumo del suolo e la distruzione di un disegno hanno una qualche affinità. L’idea è quella di distruggere in modo “controllato” qualche ora di lavoro e di creatività, un piccolo prodotto irripetibile, che in qualche modo rievochi l’irripetibilità vera della situazione naturale quando viene distrutto in modo irreversibile…

Reversibilità e irreversibilità della distruzione. Valore estetico e valore economico. Quanto vale in termini economici la distruzione della natura al metro quadrato? E’ più importante un metro quadrato di autostrada, un metro quadro di spighe di grano, o un metro quadro di bosco centenario? A chi verrebbe in mente di distruggere la Gioconda di Leonardo per riutilizzare il legno su cui è dipinta per farne liste da parquet?

Sonia Arienta, "Vuoti d'erba" un progetto di drammaturgia montana partecipata, realizzata per NAHR, SOttochiesa, Valtaleggio. Residenza artistica presieduta da Gabi Scardi
Sonia Arienta: “Vuoti d’erba”- Parte I-Dove sono le capre? Installazione, tempera su carta, fili, piatto. NAHR. credits: Nora Sweeney

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

error: Content is protected !!