Il Giardino d’Inverno-II

Dopo aver presentato i punti nodali attorno al quale si incentra il progetto Il giardino dinverno di Rebecca Agnes e Vera Pravda, questa settimana approfondiamo alcuni aspetti del medesimo, in particolari come è avvenuta la scelta degli argomenti attorno ai quali si incentrano gli incontri (e di conseguenza il manuale da proporre al pubblico), quali sono i rapporti con il pubblico e gli effetti collaterali più o meno desiderati dell’operazione stessa.

La scelta degli Argomenti per gli incontri e il manuale

R: “Idee e pratiche iniziano ad avere un impatto nel momento in cui più persone le condividono, le ripetono, le applicano. Una comunità è un corpo fluido, anche temporaneo, unito finché ci sono finalità comuni da raggiungere.

A proposito mi sovviene un racconto, tratto dalle Cronache di Bustos Domecq di Jorge Luis Borges & Adolfo Bioy Casares sul gruppismo. Ogni persona in ogni momento della giornata appartiene a migliaia di sotto gruppi, che mutano al mutare della situazione; ad esempio il gruppo delle persone che bevono il caffè con l’acqua fredda, o il gruppo delle persone che si alzano dal letto col piede sinistro…”

Rebecca Agnes e Vera Pravda, "Il giardino d'inverno", progetto di arte partecipata. Presso Archivio Viafarini, Fabbrica del Vapore. Milano.
Rebecca Agnes, Vera Pravda: “Il giardino d’inverno”, Dettaglio delle stoviglie utilizzate durante gli incontri mensili. Archivio Viafarini, Fabbrica del Vapore. Milano

V: “I nostri incontri nascono come momento conviviale di pensiero, cerchiamo di lasciare spazio alle persone che intervengono, aprendoci alla molteplicità delle riflessioni che vengono proposte. Lo stesso accadrà con il pubblico: le idee emerse, di cui il “manuale” è un sunto, anche visivo e volutamente stringato, raggiungeranno terreni differenti, così come i semi. In base al terreno alcune idee saranno generative di nuove riflessioni e di approfondimento, altre no.”

R: “Gli incontri si sono sempre svolti a porte chiuse. Non sono stati registrati, perché l’idea di fondo era che ci si incontrasse in modo informale e conviviale, senza l’esigenza di performare, di fare un discorso perfetto, di fare una cosa definitiva, un po’ come avviene in una riunione redazionale. Alla fine quello che ne è scaturito è un manuale.”

V: “Abbiamo dedicato molto tempo per strutturare le modalità pratiche degli incontri in maniera ecologica e focalizzata. La struttura è stata pensata come un banco di prova rispetto alle riflessioni proposte: una breve presentazione e una serie di domande da parte dellə altrə partecipanti.

L’elemento temporale è fondamentale: abbiamo chiesto a tuttə di esprimersi in modo sintetico e pregnante, pochi minuti ciascunə per non abusare del tempo di tuttə e restare concentratə.”

Come è avvenuta la scelta dei punti-spunti di riflessione?

V: “Abbiamo cercato di individuare alcune tematiche ambientali che sia io, sia Rebecca consideriamo al momento urgenti (piante, web, animali, viaggio, produzioni, pratiche). Non consideriamo questa scelta esaustiva, ci sono altri grandi temi che vorremmo toccare.”

R: “Come diceva Vera non abbiamo steso un programma vero e proprio. Abbiamo scelto sei grandi temi, o parole chiave, pensando in parte già alle persone che avremmo potuto coinvolgere, in quanto lavorano (a  vari livelli e in varie forme) sugli argomenti inerenti all’incontro a cui sono state invitate.

Nel momento in cui conduci questi incontri ti rendi conto che partendo da un’idea puoi andare in miliardi di direzioni. Le cose sono molto più complesse. Per esempio, quando abbiamo fatto l’incontro sul “Viaggio”, alla fine si è parlato tanto del viaggio come attraversamento, come esperienza di vita, come cammino in quanto strumento di conoscenza.

Rebecca Agnes, Vera Pravda, "Il giardino d'inverno", progetto di arte partecipata, Milano.
Rebecca Agnes, Vera Pravda: “Il giardino d’inverno”, Edera, una delle piante donate dai partecipanti agli incontri mensili. Archivio Viafarini, Fabbrica del Vapore. Milano

In realtà si sarebbe potuto parlare di come si ordinano le merci su internet, di come viene spostata la produzione di oggetti, delle contraddizioni insite nella mobilità artistica, intesa sia come persone, sia come opere che “necessitano” muoversi.

In ogni caso, si tratta di problematiche che non puoi sviluppare del tutto nel corso di un paio d’ore di incontro, vai in una direzione. Da subito, ci siamo rese conto che, in realtà, avremmo potuto organizzare centinaia di incontri.”

V: “E andare avanti a farne per anni…”

R: “Sicuramente abbiamo tralasciato temi essenziali. Abbiamo scelto problematiche che ci sembravano più interessanti dal nostro punto di vista, anche in relazione all’arte, posto che noi parliamo da artiste, non da scienziate.”

S: “Avete scelto, selezionato ambiti che risuonavano in voi, che trovavate interessanti, che per voi rappresentavano immagini, metafore significative e urgenti, tanto da spingervi a indagarle, lavorarci sopra e comunicarle.

Durante l’incontro virtuale che abbiamo avuto riguardo al viaggio, parlare del concetto di attraversamento è stato molto stimolante per me.

Mi ha costretta in qualche modo a riflettere su alcuni concetti e disposizioni, scelte personali e di lavoro che avevo effettuato in modo spontaneo e intuitivo, senza considerarli in modo oggettivo e consapevole. Questi incontri spingono chi partecipa ad acquisire maggior consapevolezza verso le proprie scelte.”

V: “Grazie! Questo ci fa senz’altro piacere ed è una questione applicabile anche a noi stesse. L’importanza della riflessione attraverso il gruppo è un punto emerso da parte di moltə partecipanti.

È interessante notare come alcune delle motivazioni cardine per cui abbiamo scelto i temi degli incontri non siano poi emerse durante la conversazione, mentre curiosamente li abbiamo toccati durante gli altri incontri.

Per esempio, in occasione del dialogo inerente agli animali, non abbiamo parlato di emissioni di CO2 e cambiamento climatico – cosa che ci saremmo invece aspettate – mentre ne abbiamo parlato in quello dedicato alle piante e in anche altri.

Rebecca Agnes e Vera Pravda, "Il giardino d'inverno", progetto di arte partecipata. Presso Archivio Viafarini, Fabbrica del Vapore. Milano.
Rebecca Agnes, Vera Pravda: “Il giardino d’inverno”, Crassula, una delle piante donate dai partecipanti agli incontri mensili. Archivio Viafarini, Fabbrica del Vapore. Milano

La categorizzazione ci abitua a guardare le cose attraverso una lente di ingrandimento su alcuni aspetti della realtà che è complessa e interconnessa, impossibile da cogliere nella sua interezza. Il nostro può essere considerato un tentativo di ibridazione fra un tema e l’altro, con l’intento di focalizzare l’attenzione sull’interconnessione.”

R: “A proposito di ciò di cui non si è parlato, sicuramente l’inquinamento è stato uno degli “esclusi” e forse ci sarebbe voluto un incontro che parlasse esplicitamente di diritti, in quanto le relazioni fra ambiente, inquinamento e posizionamento sono intersezionalmente interconnesse.”

V: “Vero, e anche di migrazioni climatiche, di disparità tecnologica, di salute individuale e collettiva, di insetti…sono tantissimi i temi che ci sono venuti in mente.”

Il rapporto con il pubblico

Domando a Rebecca e a Vera come immaginino il rapporto con il pubblico, chi sia il loro fruitore. Perché il progetto da questo punto di vista funziona a più livelli.

Da una parte ci sono artisti e curatori che sono stati coinvolti nei diversi incontri e che erano sia pubblico, sia partecipanti attivi; dall’altra, all’esterno ci sono la diffusione del manuale e i momenti in cui le piante verranno trapiantate nei giardini.”

R: “Non abbiamo in mente un target di pubblico specifico. Desideriamo che il progetto sia accessibile e condiviso il più possibile da chi è interessatə a questi temi. In relazione a ciò, abbiamo chiesto contributi brevi, in modo che non diventassero un esercizio accademico e potessero essere fruibili anche da un pubblico fuori dal contesto abituale dell’arte contemporanea.”

V: “Invece di una forte identificazione di un pubblico specifico, abbiamo cercato l’orizzontalità. Per esempio, abbiamo chiesto che i contenuti proposti (che ricordiamo non sono scientifici, ma riflessivi), evitassero di urtare la sensibilità, così che il manuale possa andare in mano a chiunque.

Ciò non è semplice da gestire sul piano redazionale, perché restringe il campo delle possibilità espressive. Il manuale funziona su più livelli a seconda della tipologia di fruitorə. La profondità del messaggio è proporzionale a chi lo fruisce.

Anche perché le persone invitate a dare il loro contributo al manuale sono soprattutto artisti e curatori, abituati ad avere pubblici differenti: l’arte per sua stessa natura ha pubblici non calcolabili.”

R: “Le persone che hanno osservato il progetto su Instagarm sono state curiose, ci sono venute a trovare in studio. Erano molto felici di entrare in un contesto come questo, alla Fabbrica del Vapore e di interagire con me e Vera. A volte si danno per scontate situazioni che non lo sono affatto per la maggior parte delle persone.”

V: “Si, le visite allo studio, nate da Instagram sono state un piacevole effetto collaterale, imprevedibile. Ci è piaciuto molto dialogare con persone esterne al nostro mondo. Sono stati tanti gli incontri nati in questo modo e hanno originato anche donazioni di piante. Ci hanno chiesto, infatti, di “trovare casa” a tre Ginkgo biloba, così ci siamo attivate, sebbene il progetto non fosse strutturato per questo.

Con Claudia Zanfi abbiamo piantumato le mellifere (lavande, rosmarini) al Giardino di San Faustino all’Ortica per la Festa di Primavera, un bel momento collettivo.”

R: “A tutte le persone che hanno partecipato al progetto – meglio ricordarlo – è stato chiesto di portare una pianta. Le piante donate dai partecipanti hanno di fatto creato un “Giardino d’Inverno” all’interno dell’Archivio di Viafarini alla Fabbrica del Vapore.

Con la primavera abbiamo iniziato a ripiantare le piante nei luoghi dove ci hanno invitate a presentare il progetto. L’idea è che il giardino vada a diffondersi in altri luoghi, aperti al pubblico. Infatti oltre al giardino di San Faustino, avremo a disposizione quello di Cascina Cuccagna, luogo, peraltro, dove sarà presentato il manuale (scaricabile dal 7 di maggio) durante la Civil Week.

Rebecca Agnes, Vera Pravda, "Il giardino d'inverno", progetto di arte partecipata, Milano.
Rebecca Agnes, Vera Pravda: “Il giardino d’inverno”, Appunti per gli incontri mensili e tazza di thè. Archivio Viafarini, Fabbrica del Vapore. Milano

Alcune piante succulente inadatte all’esterno, infine, saranno alloggiate in un vaso su ruote collocato allo spazio di Viafarini.work in via Marco d’Agrate, nel quartiere Corvetto, sempre a Milano, mentre i Ginkgo andranno a Cascina Biblioteca.”

V: “In questo progetto, consideriamo Il Giardino d’inverno “fisico” – creatosi poco per volta, incontro, dopo incontro – un’opera diffusa che raduna e redistribuisce piante (e idee) in un work-in-progress; nonché una pratica che ci ha costrette a confrontarci con questioni molto fisiche!”

Le origini di un’idea

S: “Mi chiedevo come è nata questa idea e perché la scelta del titolo, ma a questo riguardo si entra nel regno degli insondabili effetti della memoria selettiva…probabilmente non sapremo mai davvero come sono andate le cose….”

R: “Io e Vera non ci siamo messe lì e abbiamo detto “adesso facciamo un progetto insieme”. Il progetto è nato quando una mia amica, Stefania Migliorati, attiva come artista a Berlino, è venuta a trovarmi per qualche giorno a Milano e, visto che si trovava in città, abbiamo pensato di riunirci in modo informale all’Archivio.

Da questa idea preliminare, semplicemente di incontro, attraverso anche il confronto con Giulio Verago, la situazione si è trasformata nel progetto di cui ti abbiamo parlato. Ricostruire esattamente come le cose sono andate, non è facile.”

V: “Si infatti, è stato molto spontaneo e non è facile ricostruire: quando Rebecca mi ha parlato dell’idea dell’incontro con Stefania io stavo preparando un’installazione ambientale con delle piante per una mostra a Bergamo e volevo continuare a fare progetti con gli elementi vegetali, per cui l’ho proposto a Rebecca.

Diciamo che è stata una genesi biologica: Rebecca voleva fare degli incontri conviviali in presenza dopo la vita dietro gli schermi imposta dal lockdown, io volevo fare un giardino in progress. Alla fine ne è nato un manuale!”

Rebecca Agnes, Vera Pravda, "Il giardino d'inverno", progetto di arte partecipata, Milano.
Rebecca Agnes, Vera Pravda: “Il giardino d’inverno”, piante donate dai partecipanti agli incontri mensili. Archivio Viafarini, Fabbrica del Vapore. Milano

Il giardino d’Inverno e la Drammaturgia Urbana….

Non posso omettere a questo punto una domanda canonica che vado ponendo ogni volta che apro un dialogo a proposito della drammaturgia urbana e, più in generale, della drammaturgia degli spazi…

S: “Come si lega questo progetto nell’ambito della Drammaturgie Urbane?”

R: “Come già accennato, il manuale sarà disponibile on-line, da visualizzare o scaricare. Per poter raggiungere più persone abbiamo stampato un centinaio di manifestini su carta riciclata, contenenti il QR code, da distribuire, non solo in luoghi di interesse artistico, ma anche presso quelle attività, anche commerciali, che si interrogano seriamente su ecologia e sostenibilità.

Andare in giro a cercare questi luoghi ed entrare in contatto con le persone che li abitano è sicuramente una sorta di drammaturgia urbana.”

V: “Come drammaturgia urbana ed esplorazione del territorio può rientrare anche la bella storia dei Ginkgo. Grazie alla donazione di Daniela Scalia e a Rossana Ciocca questi alberi troveranno casa a Cascina Biblioteca, un luogo stupendo dove certamente verranno trattati con cura.”

R: “Drammaturgie sono anche tutte le parole raccolte e ospitate su Animot, rivista accademica curata da Gabi Scardi e Valentina Avanzini, patrocinata dall’Università degli Studi di Torino.”

V: “Si, infatti. Animot ci ha invitate ad aprire ‘Presenti possibili’, la sua nuova rubrica social. Per il takeover abbiamo chiesto alle persone che hanno partecipato al progetto di mandarci dei brevi video con delle  parole chiave: dissonanza cognitiva, interdipendenza reciproca, giardini domestici, intersezionalità, autodeterminazione, permeabilità, antispecismo, coesistenza continua, punti di vista, dislocazione, impegno, empatia, biocenosi, affastellamento, crisi estetica, comunanza, germinazione, vivere, alloctona, decolonizzare l’immaginario, eterico, basta usa e getta, ascoltare, simbiosi, promemoria.

E Drammaturgie urbane saranno gli incontri generativi e fertili che nasceranno in Viafarini.work, con il workshop NZSD-Net Zero Sustainable Development, per la rigenerazione urbana del quartiere Corvetto, che si svolgerà nei giorni della Design Week. Ci vedremo il prossimo inverno in Edicola Radetzky, ma di questo vi racconteremo più avanti!”

R e V: Ringraziamo Sonia Arienta e Drammaturgie Urbane, e ringraziamo tutte le persone che ci hanno sostenuto e tutte coloro che hanno contribuito alla stesura del manuale e alla sua distribuzione;

Annalisa Cattani, Beatrice Oleari, Camilla Alberti, Caretto e Spagna, Claudia Zanfi, Daniela Di Maro, Davide Crippa, Donatella Pavan, Elena Bellantoni, Enzo Calibé, Ferdinando Mazzitelli, Frank Stelitano, Gabi Scardi, Giancarlo Norese, Giorgios Papadatos, Giulio Verago, Isabella Pers, Melina Mulas, Michele Guido, Patrizia Brusarosco, Penzo+Fiore, Pietro Gaglianò, Premiata Ditta, Roberto Picchi, Rossana Ciocca, SDARCH, Silvia Giambrone, Simona da Pozzo, Sofia Baldi, Sonia Arienta, Stefania Migliorati, Susanna Ravelli, Tiziana Pers.

Lo staff di Viafarini e Francesca Toselli.

Cascina Cuccagna, il Giardino Condiviso San Faustino, Viafarini.work, Cascina Biblioteca e Edicola Radetzky. Animot, Ruben per i disegni.

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