Catherine Barnabé – geografie e drammaturgia urbana II

Il rapporto con lo spazio, le relazioni che lo attraversano e ci connettono ai diversi luoghi, alle loro funzioni, alle situazioni che ospitano e generano costituiscono una parte importante nel lavoro di Catherine Barnabé, curatrice indipendente di Montréal (Canada), come è emerso nella prima parte dell’intervista, pubblicata venerdì scorso.

In questa seconda parte del dialogo, affrontiamo altri aspetti, quali il rapporto con il pubblico, il concetto di intreccio e di personaggio. Incominciamo a riflettere a proposito del rapporto con lo spettatore. Così, chiedo a Catherine come consideri il suo

Rapporto con il visitatore, con il pubblico

Collettf dB: "Villeray acoustique", curato da Catherine Barnabé
Fig. 1 “Villeray acoustique” progetto del Colletivo dB formato dalle artiste Chantal Dumas e Magali Babin, curato da Catherine Barnabé. Dettaglio di un segnale che propone una postazione d’ascolto del paesaggio sonoro.

C: “Mi piace quando i progetti propongono situazioni inaspettate, “furtive”, nelle quali il pubblico è sorpreso, spiazzato. Per un istante, quest’ultimo esce dalle sue abitudini, dai percorsi quotidiani e vede con uno sguardo nuovo i luoghi che frequenta da sempre .

Trovo che questo sia, al contempo, molto efficace e semplice. Tuttavia, occorre che il pubblico sia ricettivo e guardi l’ambiente che lo circonda già in modo attenzionale. Con il progetto “Villeray acoustique” questo avviene in modo molto efficace perché il progetto non è intrusivo. Si integra alla quotidianità delle persone.

D’altra parte, credo molto nell’importanza della mediazione culturale. In tutti i miei progetti, si aggiungono azioni che permettono di entrare in contatto con il pubblico e avere una miglior esperienza delle opere.

Ritengo  fondamentale questo aspetto, sia per raggiungere persone che altrimenti non si interesserebbero al progetto, sia per fare meglio conoscere il processo creativo degli artisti, assai più complesso di ciò che si immagini.

Collettf dB: "Villeray acoustique", curato da Catherine Barnabé
“Villeray acoustique” progetto del Colletivo dB formato dalle artiste Chantal Dumas e Magali Babin, curato da Catherine Barnabé. Mappa dei percorsi di ascolto del paesaggio sonoro

Per quanto riguarda Villeray acoustique, per esempio, organizziamo passeggiate, percorsi con i cittadini e attività più complesse, con gruppi specifici.

Abbiamo realizzato una serie di laboratori con anziani che hanno individuato nel quartiere punti d’ascolto per loro significativi, perché per esempio, evocano loro alcuni ricordi, o contraddistinguono la loro quotidianità.

Stiamo progettando inoltre, di realizzare un’altra serie di laboratori con donne immigrate in modo che condividano con noi i loro racconti,  la loro visione del nuovo spazio in cui abitano.

Inoltre, intendo il mio ruolo di curatrice come quello di una mediatrice, creo legami fra gli artisti e spettatori.”

Per quanto riguarda la domanda successiva, chiedo a Catherine di dirmi che cosa pensi del concetto di

Trama, intreccio.

C: “Lavoro in campo visivo e non in teatro, quindi questo concetto è un po’ sfumato per me. Ma vedo gli spazi geografici come spazi costruiti attraverso numerosi strati narrativi (storici, sociologici, estetici, architettonici, etc.).

Tutti questi livelli compongono un racconto denso e plurale che offre una struttura narrativa a ciascun luogo. Nessuno di tali luoghi può dirsi “neutro”. Quando guardiamo un paesaggio vediamo i segni del tempo, le tracce lasciate dagli uomini, o dalla natura.

Per questi motivi, amo leggere scritti di filosofi, sociologi, storici, così da meglio comprendere gli spazi, al di là della loro mera essenza visiva. Mi piacerebbe anche realizzare un progetto con persone provenienti da altre discipline e che partecipino alla costruzione comune di un discorso da condividere.”

Per quanto riguarda le figure importanti nella formazione del suo pensiero, i suoi punti di riferimento, Catherine rivela che sono naturalmente molti e possono cambiare nel corso del tempo.

Al momento attuale cita i nomi di “Régine Robin, Rebecca Solnit, Édouard Glissant, Georges Didi-Huberman, Hans Ulrich Obrist, Michel de Certeau, e più recentemente Mona Chollet, Emanuele Coccia, Deborah Levy.”

Gli artisti che Catherine ritiene significativi nel suo percorso, sono le persone con cui ha lavorato di recente, determinanti per il proseguimento della sua ricerca. L’hanno, infatti, aiutata a modellare il suo pensiero attuale. I nomi citati comprendono: Magali Babin, Chantal Dumas, Janick Burn, Ingrid Tremblay, Ariane Plante, Hannah Claus…

Sara A.Tremblay, Léna Mill-ReuillardGéographies recomposées, progetto curato da Catherine Barnabé, Montréal
Sara A.Tremblay, Léna Mill-Reuillard, Géographies recomposées, progetto curato da Catherine Barnabé, Montréal. Foto: Guy L’Heureux

A questo punto, passo a un’altra domanda chiave, relativa al concetto di

“Personaggio/i”.

e domando a Catherine Barnabé che cosa pensi al riguardo.

C:”In città, i personaggi sono i suoi abitanti, che siano coscientemente partecipi/coinvolti, o meno nell’opera, nel progetto di drammaturgia urbana.

Come ho precisato per quanto riguarda “Villeray acoustique”, mentre si ascolta il paesaggio, si scoprono i suoi racconti, le sue storie,  costruiti in parte per le persone che praticano e vivono lo spazio.

Per finire Catherine si chiede se “un artista che realizza azioni nello spazio pubblico o nella natura interpreti un personaggio, o se attivi e produca narrazioni.”

Così Catherine ci regala due domande assai interessanti sulle quali riflettere, al termine del nostro dialogo:

C: “La posizione dell’artista è quella di un personaggio? Si trasforma in un’altra persona quando la sua presenza nello spazio produce un’opera?”

Sara A.Tremblay, Léna Mill-ReuillardGéographies recomposées, progetto curato da Catherine Barnabé, Montréal
Sara A.Tremblay, Léna Mill-Reuillard, Géographies recomposées, progetto curato da Catherine Barnabé, Montréal. Foto: Guy L’Heureux

Catherine Barnabé – Géographies et dramaturgie urbaine – II

Version originale en Français

Le rapport avec l’espace, avec les relations qui le traversent et qu’ils nous lient aux lieux différents, à leur functions,aux situations qui les Barnabé, conservatrice indépendante, canadienne (de Montréal). C’est ce qui est évident après la lecture de la première partie de l’interview avec elle, parue vendredi dernier.

Dans cette seconde partie de notre dialogue, nous traiterons des autres concepts: les rapports avec le public, la dimension du récit et le signifié du mot personnage, selon le point de vue particulier de Catherine.

Notre première démarche sera réfléchir à propos de la relation avec l’audience, le visiteur. Je demande à Catherine comment elle considère le rapport avec

le Public

C: “J’aime quand des actions furtives sont posées et que le public est surpris, dérouté. Pour un instant, il sort de sa routine, de son trajet quotidien et voit les lieux qu’il fréquente depuis toujours avec un nouveau regard. Je trouve que c’est très efficace et simple à la fois. Cependant, il faut que le public soit réceptif et pose déjà un regard attentionnel sur son environnement. Avec Villeray acoustique cela fonctionne très bien car le projet n’est pas intrusif et s’intègre au quotidien des gens.

Autrement, je crois beaucoup en l’importance de la médiation culturelle. Dans le cadre de tous mes projets, des activités s’ajoutent pour entrer en contact avec le public et leur permettre d’avoir une meilleure expérience des œuvres. Je pense que c’est fondamental afin de rejoindre des gens qui autrement ne se seraient pas intéressés au projet et pour faire mieux connaître les démarches des artistes qui sont parfois plus complexes que l’on pense.

Pour Villeray acoustique par exemple, nous organisons des marches avec des citoyens et des activités plus élaborées avec des groupes ciblés. Nous avons réalisé une série d’ateliers avec des personnes âgées qui ont trouvé les points d’ouïe qui sont importants pour eux dans le quartier, qui rappellent certains souvenirs à leur mémoire ou qui ponctuent leur quotidien. Nous planifions faire une autre série d’ateliers avec des femmes immigrantes afin qu’elles nous partagent leurs récits et leur vision du nouvel espace qu’elles habitent.

Je vois aussi mon rôle de commissaire comme un rôle de médiatrice, je fais le lien entre artistes et publics.”

Pour ce qui concerne la question suivante, je demande à Catherine de me dire ce qu’elle pense à propos du concept de

Intrigue, structure du récit

C: “Je travaille en arts visuels et non en théâtre donc ce concept est un peu plus flou pour moi. Mais je vois les espaces géographiques comme des espaces qui sont construits grâce à plusieurs couches narratives (historiques, sociologiques, esthétiques, architecturales, etc.).

Toutes ces couches composent un récit dense et pluriel qui apportent une structure narrative à chacun des lieux. Ainsi, aucun lieu n’est neutre, même lorsque l’on regarde un paysage on voit le passage du temps, les traces de l’humain ou de la nature.

C’est pourquoi j’aime lire des philosophes, des sociologues, des historiens afin de mieux comprendre les espaces qui ne sont pas que visuels. J’aimerais aussi éventuellement réaliser un projet avec des gens d’autres domaines, que ceux-ci participent à la construction commune de l’exposition.”

Pour ce qui concerne les personnalités (sociologues, philosophes, artistes) les plus importantes pour sa formation intellectuelle, de sa pensée, Catherine révèle qui ils sont évidemment très nombreux et qui peuvent changer au fil du temps.

Régine Robin, Rebecca Solnit, Édouard Glissant, Georges Didi-Huberman, Hans Ulrich Obrist, Michel de Mona Chollet, Emanuele Coccia, Deborah Levy.

Pour les artistes, je dirais que celles avec qui j’ai travaillé récemment sont déterminantes pour la suite de ma recherche et m’aident à façonner ma pensée actuelle : Magali Babin, Chantal Dumas, Janick Burn, Ingrid Tremblay, Ariane Plante, Hannah Claus…”

Je passe donc, à poser un’autre questione, une question-clé, à propos du concept de

Personnage

C: “Dans la ville, les personnages sont ses habitants et habitantes, qu’ils et elles participent consciemment ou non à l’œuvre, à la dramaturgie urbaine.

Comme je l’ai mentionné avec Villeray acoustique, en écoutant le paysage on découvre ses récits, ceux-ci sont construits en partie par les gens qui pratiquent et vivent l’espace.

Pour conclure, Catherine Baranabé se pose la question si “un artiste qui réalise des actions dans l’espace public ou dans la nature joue un personnage, même s’il active et produit des récits…”

Elle prends donc congé avec le cadeau des deux très intéressantes questions ouvertes sur lesquelles il faut réfléchir:

“La posture de l’artiste est-elle celle d’un personnage, devient-il une autre personne lorsque sa présence dans l’espace produit une œuvre?”

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