Perché mi interessa lavorare sull’attraversamento pedonale regolato da un semaforo, in un progetto di drammaturgia urbana?
Per rispondere, parto da ciò che il medesimo rappresenta:
- Un varco che si apre e si chiude a tempo determinato secondo una regolazione affidata a uno strumento (il semaforo) che gestisce la situazione.
- Un nodo di incontri che necessitano “ordine”, priorità certe, un aiuto nel gestire le relazioni.
- Un surrogato del potere, la presenza di una “macchina”, anziché di un vigile in carne ed ossa predisposta su richiesta delle autorità. (Il vigile è stato “abolito” perché ce ne vorrebbero troppi e sarebbero esposti a un livello di inquinamento più che nocivo. Questo è un aspetto da considerare attentamente perché mette in rilievo il grado di pericolosità degli incroci per la salute degli esseri viventi, dovuta all’alta concentrazione di emissioni).
- Rapporti di potere di duplice tipo: fra l’autorità e i cittadini; fra cittadini impegnati in ruoli diversi (pedoni, automobilisti, ciclisti, tramvieri, motociclisti)
- Questioni legate ai concetti di incrocio (nodo di relazione), attraversamento (passare dall’altra parte, superare una barriera/ostacolo), sommate a quella di regolazione imposta dall’alto.
- La possibilità di trasgressioni implicite. Oltre ad assecondare la richiesta silenziosa e luminosa del semaforo, gli utenti possono decidere di trasgredire, in modo più o meno grave, sconsiderato, in rapporto al proprio potere di nuocere.
- Luoghi di sfida e di prove.
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Uno spazio da osservare da svariate prospettive. Il punto di vista di chi vive la scena (pedone o automobilista) e quello di chi la osserva (un osservatore interno o esterno, frontale o laterale)…
La mia attenzione, in questo progetto work in progress, si concentra sui semafori inseriti in un incrocio, regolati su ciò che accade su più strade.
In città, questo genere di luoghi della “prova” sono presenze ricorrenti nell’arco di una giornata, appuntamenti fissi che possono orientare anche la scelta di percorsi lavorativi. Per esempio, in base al tempo a disposizione, si può scegliere di cambiare strada per evitare l’appuntamento con il semaforo, o accettarlo, vivere l’esperienza dell’attesa e dell’attraversamento.
I tempi assegnati ai cambiamenti di luce sono ignoti a chi non frequenta un preciso incrocio. Gli “habitué” sono avvantaggiati rispetto ai passanti occasionali, sanno da che parte vengono le macchine, come si sussegguono le accensioni dei diversi semafori.
Da questo insieme di presupposti intravedo diversi spunti di ricerca.
Danze urbane a tempo determinato. Coreografie coatte? Risposte adattive?
Gli utenti di un incrocio regolato, soprattutto i pedoni, sui quali concentro l’attenzione, – in quanto categoria più esposta ai pericoli, più “indifesa” – sono “costretti” ad assecondare e adeguare i loro movimenti, la loro postura alle tre colorazioni di luce del semaforo.
In questo “adeguamento”, adattamento strategico si creano coreografie sorprendenti, che appaiono soprattutto attraverso il congelamento di singoli attimi colti dall’obiettivo fotografico. I cittadini si trasformano in ballerini senza accorgersi. A una prima occhiata le “composizioni” restituiscono una dimensione leggiadra, esteticamente appagante, armoniosa, apparentemente ludica.
A ben guardare, queste “danze urbane” sono conseguenza dei vincoli di tempo e di spazio imposti dal semaforo. Derivano da una costrizione. I passanti, infatti, reagiscono in risposta a
- Durata del “permesso” di passaggio,
- Estensione del percorso pedonale segnalato dalle strisce zebrate,
- Caratteristiche fisiologiche e psichiche, anagrafiche,
- Condizioni imposte dalla direzione scelta, dall’orario, dal giorno della settimana e dell’anno, in relazione al flusso degli altri utenti.
In queste “sequenze di danza”, i singoli si “orchestrano” con quanti condividono la stessa direzione, o procedono in senso opposto, attraverso correzione di traiettoria, modi per preservare/proteggere il proprio spazio personale.
Si mettono in campo dinamiche di assestamento e riposizionamento, per evitare contatto/scontri con gli altri (specie in periodo pandemico). Se ci si estrania per distrazione (per esempio se si guarda da un’altra parte, si ha lo sguardo inchiodato allo schermo del telefono) il rischio di una collisione è elevato. La regolazione dei rapporti prossemici è determinata da educazione, cultura, classe sociale, genere sessuale.
Fattori determinanti nella postura dei passanti sulle strisce pedonali sono le calzature e i vestiti. I tacchi molto alti, come è facile intuire, sono un forte ostacolo a un’andatura fluida e sicura, sul pavè la faccenda si complica ancora di più, analogamente a vestiti troppo lunghi, stretti, o pesanti.
Tutti questi elementi concorrono a definire il ritmo della partitura coreografica spontanea e autogenerante in risposta agli “ordini” silenziosi e luminosi del semaforo (se è spento si pongono problematiche differenti).
Si tratta quindi di una danza “coatta”, in reazione a ordini non verbali, affidati al linguaggio dei segnali luminosi codificati, condivisi a livello mondiale, così da evitare malintesi linguistici che, in questo contesto, potrebbero essere fatali.
Queste danze e coreografie “coatte” mettono in luce le contraddizioni nell’organizzazione della nostra società. Rivelano le costrizioni che ogni giorno subiamo senza accorgerci, alle quali anzi ci adattiamo, rispondiamo in modo personale e adattivo.
Tutti i pedoni che transitano sulle strisce regolate da un semaforo sono indotti dalla presenza di quest’ultimo e dalla sua variazione di colori, ad assumere una velocità di crociera adeguata a percorrere l’estensione di spazio in un tempo “ragionevole”, secondo le deduzioni delle autorità preposte al controllo del traffico cittadino.
Appena scatta il verde le persone camminano a velocità diverse a seconda dei propri impegni, alla vista del giallo le falcate diventano più ampie con il trascorrere del tempo e si corre alla comparsa del rosso. Si possono quindi osservare “assestamenti” attuati al momento, o vistosi sforzi, se il corpo non “ubbidisce” alla necessità di acquistare maggiore velocità per stare nei tempi “previsti”, ignoti nei dettagli alla maggioranza dei cittadini.
Ci sono utenti che per ragioni diverse sono impossibilitati a “correre” da una parte all’altra delle strisce e completare il percorso nelle tempistiche imposte. Anziani, bambini piccoli con i loro accompagnatori, persone di qualunque età con problemi ortopedici, o cardiaci…
In sede di progettazione, si possono guardare le coreografie create durante l’attraversamento da diverse angolazioni, ciascuna utile a esaltare singoli elementi, sia del gruppo, sia degli individui-pedoni.
- Le riprese di prospetto/frontali mettono in luce la concatenazione dei “passi di danza” eseguiti da ciascuno, mentre segue la propria direzione e reagisce agli intrecci con quella degli altri.
- La ripresa laterale (effettuata dai due lati della strada), corrispondente al punto di vista dei cittadini-utenti, permette di osservare frontalmente come avviene l’impatto fra i flussi opposti e come si distribuiscono le persone lungo le strisce pedonali.
- La ripresa alle spalle di un pedone (o piccoli gruppi legati da reciproca conoscenza) in attesa di attraversare mette in rilievo i micromovimenti che egli attua, gesti di impazienza, di riposizionamento, di noia.
Aspetti sociologici, sociali, antropologici
I passanti che affrontano un attraversamento regolato da un semaforo variano a seconda del luogo, della zona della città, del periodo dell’anno, del giorno della settimana e dell’ora. Ho scelto quindi di lavorare su alcuni incroci molto noti di Milano. In particolare, quelli di:
- Via De Amicis, Corso Genova e Via Cesare Correnti
- Corso di Porta Ticinese e Via Molino delle Armi
- Corso Magenta, Via Carducci, Via Monti
- Piazza della Scala, angolo Gallerie d’Italia.
- Piazza Cordusio, lato via Orefici
- Piazza San Babila, angolo via Matteotti
I confronti mettono in luce i cambiamenti, l’analisi dei diversi fotogrammi e dei video permettono di individuare, riconoscere, ricreare storie, narrazioni che ci parlano delle relazioni sociali urbane. L’attenzione si focalizza sui dati che caratterizzano le identità sociali dei “personaggi” coinvolti nell’attraversamento.
Scelgo i personaggi fra moltissimo materiale. Ho selezionato qualcosa e ho escluso molto altro, ovviamente dal mio personale punto di vista, secondo il mio modo di leggere la realtà e interpretarla.
Nel loro insieme questi personaggi “parlano” e rivelano qualcosa di loro e di noi. La possibilità di condividere una stessa traiettoria, passarsi a fianco, incrociarsi, guardarsi negli occhi per poi non incontrarsi mai più, apre questioni interessanti anche sul piano narrativo.
Questi incontri temporanei fra i pedoni contengono, in potenza, infiniti romanzi, o drammi, da proporre al pubblico, così che sia sollecitato a immaginarsi situazioni, riflettere sul senso degli incontri.
Aspetti nascosti
I livelli descritti sopra riguardano la dimensione più “evidente” dell’attraversamento pedonale. Aspetti più nascosti, investono gli elementi che sfuggono al primo approccio e richiedono un processo di elaborazione mentale più profondo. Rispetto a questo contesto, essi riguardano:
- Conflitti fra l’uso dello spazio in rapporto al tempo, dove il tempo corrisponde a quello “modellato” sulle esigenze della società capitalista, per la quale l’efficienza, la velocità, la produttività sono finalizzate all’accumulo di denaro da parte di pochi e allo sfruttamento della maggior parte degli individui.
Le frasi “Accelerare i tempi”, “ridurre lo spazio”, o due termini quali Efficienza ed Esistenza – che sento in contrapposizione – applicate e abbinate a un incrocio gestito da un semaforo, ai corpi che lo attraversano, rimandano alle problematiche legate alla società dominata dal capitalismo finanziario, .
- Situazioni simili a quelle in cui è coinvolto un passaggio pedonale regolato da un semaforo. Per esempio, i “corridoi umanitari”, zone franche temporanee. Appena finiscono lasciano chi è coinvolto in completa balia degli eventi, delle persecuzioni e della violenza. Ovvero sono sospensioni momentanee di forze e potere contro parti “deboli”.
Riguardo a questo punto, la ricerca riguarda i diversi esempi di “corridoi”, “passaggi franchi” a tempo determinato, terminati il quale chi è impegnato a percorrerli si trova in una posizione “esposta”, pericolosa, difficile.
(Prosegue)
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