Drammaturgia degli spazi. Leandro Erlich

Proseguiamo ad occuparci di “drammaturgia degli spazi” con un articolo dedicato al lavoro di Leandro Erlich (Buenos Aires, 1967), artista che si occupa di “scrivere” nello spazio, attraverso installazioni e opere di arte pubblica.

L’invito a pensare che cosa succede quando si adotta un radicale cambiamento del punto di vista, l’effetto spiazzante, sorprendente che coglie l’osservatore nel guardare da una prospettiva “ribaltata”, o “spostata”, “altra” sono elementi ricorrenti nelle opere realizzate finora da L. Erlich.

Per citare l’artista in una sua intervista rilasciata a Exibart, realizzata da SIlvia Conta (12-11-2020), in occasione di una mostra alla Galleria Continua di Siena

“È impossibile pensare alla realtà senza l’elemento che sfida e trae in inganno l’idea stessa di realtà.”

Leandro Erlich: Swimming Pool, Museo di Arte Contemporanea di Kanzawa, Giappone
Leandro Erlich: Swimming Pool, Museo di Arte Contemporanea di Kanzawa, Giappone.

Le sue opere di arte pubblica, le installazioni e i lavori site specific hanno una costante: l’attenzione per l’architettura, per lo spazio costruito, abitato, nel quale si muovono persone chiamate a interagire con essa. Sono edifici, o elementi architettonici funzionali alla vita quotidiana (ascensori, camerini di prova, interni di abitazioni, saloni da coiffeur).

Il pubblico non è un semplice “visitatore”, ma un partecipante, attivo che completa con la sua presenza il senso stesso dell’opera. Questo è molto evidente per esempio in un’opera come Bâtiment realizzata la prima volta a Parigi e riproposta in seguito in altri luoghi (Buenos Aires, Kanzawa, Londra), con declinazioni diverse.

Il pubblico, infatti, in questo caso si sdraia sulla finta facciata di un edificio, preparata al suolo; può camminare sui cornicioni, sedersi sull’impianto dell’aria condizionata, o sull’architrave di un portone.

In molti casi, il lavoro di Erlich presuppone che i cittadini diventino “attori”, soggetti senza i quali l’opera stessa perderebbe il suo senso. Egli dichiara in un’intervista (comparsa su su Art front) di invitare i partecipanti a essere presenti insieme, in piccoli gruppi.

Questi ultimi osservano e si muovono, assumono posizioni liberamente nello spazio, dando vita a “danze”, quadri plastici, tableaux vivents fotografabili, immortalabili in posizioni sempre diverse che rendono di conseguenza la visione dell’opera, la sua percezione sempre nuove.

Emerge un aspetto molto teatrale, questi lavori sono contraddistinti da un forte impatto scenografico.

Leandro Erlich: Infinite Staircase, Kanzawa, Giappone.
Leandro Erlich: Infinite Staircase, grande installazione, Kanzawa, Giappone. Dettaglio della costruzione.

Prospettive spericolate, impossibili, ribaltamento dei punti di vista sono quasi sempre presenti nelle proposte di Erlich. Si tratta di un “gioco” illusionistico che deriva indubbiamente da una familiarità con e uno studio dei problemi posti dalla scenografia barocca, dalle prospettive impossibili di Escher, intrecciate alla prassi teatrale degli anni Ottanta e Novanta, basata su scene “costruite”.

In questo contesto, le sicurezze e le abituali percezioni del nostro camminare nello spazio e rapportarsi con l’ambiente circostante sono continuamente sovvertite. Si può, per esempio, camminare sulla superficie di una piscina e dentro di essa, senza bagnarsi, come avviene in Swimming Pool.

O si può sdraiarsi a leggere il giornale su una facciata di un palazzo, senza rompersi il collo, grazie a semplicissimi “inganni”, o perdersi nelle proprie immagini riflesse negli specchi di un ascensore.

Muri, o piuttosto, pareti usate per formare stanze, l’uso degli specchi sono elementi ricorrenti nella produzione di Erlich, declinati in modi molto diversi, sia in interno, sia in esterno. Riflessi e illusioni ottiche sono usati per “riscrivere” i nostri rapporti con il mondo.

Very often, things are not what we expect, but it is these moments that create surprise. Surprise may generate anguish, but it can also bring some kind of joy. Surprise can be likened to a wake-up call. Looking at things over and over again is the best way that enables us to transcend life.

Nel ricorrere a queste “strategie”, le intenzioni dell’artista argentino esulano dalla mera dimensione ludica della “sorpresa”. Egli desidera spingere i partecipanti a porsi domande inerenti la percezione stessa del reale, sul piano psicologico e filosofico.

La contemplazione estetica, o la generazione di stupore non sono la finalità di queste opere. Il pubblico vive una “situazione” specifica, una condizione psicologica particolare alla quale “reagisce”.

Le forme architettoniche riprodotte, citate nelle opere di Erlich non hanno alcuna funzione “pratica”, non possono essere “usate” davvero, piuttosto evocano un uso e uno spazio che rimandano ad altro. In particolare al sovvertimento delle abituali percezioni, gesti, rapporti che ci aspettiamo in un certo luogo.

Non a caso, la formazione personale di Erlich è filosofica, ma con un rapporto di forte familiarità con l’architettura, professione esercitata da molti suoi parenti stretti.

It is important to establish a balance between things and nature. I do not wish to critique things. I want to be conscious, and look at things and question things. It is from here that ideas are born.”

Leandro Erlich-Swimming pool-Kanzawa
Leandro Erlich: Swimming pool-Museo di arte contemporanea, Kanzawa

Uno dei lavori più noti dell’artista e che ha contribuito a farlo conoscere a livello internazionale è il sopracitato Swimming pool (1999) realizzato in Giappone per il Museo di Arte Contemporanea del XXI Secolo di Kanazawa, e riproposto alla Biennale di Venezia nel 2001 (attualmente in mostra permanente a Kanazawa).

In questo esempio, la “piscina” è fruibile e percorribile su un doppio livello: sulla superficie (così da dare l’illusione di camminare sull’acqua) e al di sotto (così da poter passeggiare come se si fosse “immersi”).

Un’elaborazione che crea situazioni paradossali: quella di poter vedere persone che si muovono sopra e sotto la superficie “dell’acqua”, anche contemporaneamente, a seconda del flusso dei visitatori. In tal modo, l’opera è sempre “diversa”, ogni giorno le possibilità cambiano, perché cambiano i rapporti spaziali fra i visitatori, oltre che le loro identità.

In effetti, l’autore, nella sopracitata intervista pubblicta su Art Front, sostiene l’importanza di creare una nuova esperienza che sia legata all’architettura e allo spazio (“here I found it is important to create a new experience that is related to the architecture and the space”,  Art front).

Leandro Erlich: serie Batiment
Leandro Erlich: Batiment, grande installazione. Towada Art Center

Bâtiment è stata realizzata nel 2004 per la prima volta, in occasione dell’evento parigino “Notte Bianca”. Posto il notevole flusso di persone in questo genere di occasioni, Erlich pensa a un progetto molto accessibile, facilmente fruibile e che al contempo sembri sfidare la legge di gravità.

A prima vista infatti, i cittadini sembrano fluttuare nell’aria, sospesi ai muri, alle finestre, sui cornicioni di un edificio. In realtà, si tratta dei loro riflessi visti in un gigantesco specchio che restituisce le loro immagini.

Una soluzione che richiama assai una scenografia ideata da Joseph Svoboda in una celebre edizione de La Traviata che ha fatto il giro del mondo, diretta da Gilbert Deflo nel 1992. Anche in quel caso, un gigantesco specchio (realizzato con una speciale pellicola in pvc), mobile, riprendeva tutto ciò che avveniva nell’orizzontalità del palcoscenico.

Joseph Svoboda: La Traviata
Joseph Svoboda, scenografia per “La Traviata”, prima edizione Macerata Opera, 1992

Ignoro se Erlich abbia avuto occasione di vedere questo allestimento, molto famoso e che appartiene ormai alla storia della scenografia), in ogni caso, nel suo lavoro la situazione di inverte. La verticalità dell’edificio è ottenuta attraverso il riflesso dell’elemento architettonico collocato in orizzontale, sul suolo.

A questo primo progetto, sono seguite variazioni realizzati in altri Paesi: a Buenos Aires, a Donetsks e in Giappone. In quest’ultimo caso, Tsumari’s House  a Tokamachi, ha permesso all’artista di entrare in contatto diretto con la popolazione fortemente coinvolta ed entusiasta di quest’opera, tanto da essere invitato a condividere un pasto nella casa di un abitante posta nei pressi dell’installazione.

Non a caso, lo stesso Erlich, in un’intervista apparsa su Art Dependence dichiara che la partecipazione del pubblico diventa temporaneamente un elemento dell’opera:

By design, there is no complete work without the audience. In my work, the audience temporarily becomes an element of the work itself. Their individual participation and experience is a level of involvement that makes them essential to the process. And of course, the ultimate meaning they create and assign is also imperative.

Leandro Erlich: Pulled by the rooth, Karlsruhe, Germania
Leandro Erlich: Pull by the rooth. Piazza del mercato di Karlsruhe, Germania. Grande installazione.

Pulled by the roots

realizzata nel 2015, presso la piazza del Mercato di Karlsruhe (Germania) in occasione di City is the Star organizzato da ZKM, è un’installazione di vaste dimensioni che riproduce una casa, sospesa nel vuoto, grazie a una gru. Dalla pavimentazione fuoriescono le radici, così da evidenziare ulteriormente l’operazione di sradicamento.

La scelta di ricorrere agli elementi di un cantiere è da mettere in relazione ai lavori della linea tranviaria sotterranea cittadina che rende molto difficoltosa la circolazione pedonale e complica la vita degli abitanti.

L’onnipresenza delle gru diventa così uno spunto utile da trasferire  nell’opera proposta. Nelle intenzioni di Erlich i passanti possono pensare che il gruista abbia compiuto “un errore” di valutazione e stia “trasferendo” per sbaglio un’intera casa.

Le radici che fuoriescono dalla pavimentazione rimandano sia al rapporto con la natura, sia al radicamento inteso come elemento affettivo con il luogo. Un’estirpazione forzata rimanda a una recisione di legami fondamentali.

Leandro Erlich: Infinite staircase, Kanzawa, Giappone
Leandro Erlich: Infinite staircase, installazione, Kanzawa, Giappone.

Infinite staircase

Presentato a Kanazawa (2020), è un lavoro dove lo sfondamento dello spazio, convive con la capacità di creare un ambiente totalmente ingannevole. L’effetto sorprendente è ottenuto grazie alla riproduzione di ambienti “finti” (con elementi portanti in legno, soluzione usata sovente nelle scenografie teatrali), posti in una successione prospetticamente virtuosistica, accentuata dall’intervento di specchi. 

Si tratta di una scala costruita, anziché lungo l’asse verticale, lungo quello orizzontale nel quale il partecipante “entra” e si aggira, perso senza più riferimenti, fra ciò che sta “sopra” e ciò che sta “sotto”, o di lato. Questo disorientamento induce a porsi una serie di domande attorno alle proprie posizioni nello spazio e alle sensazioni che ne derivano.

Nell’affrontare le sue opere, Leandro Erlich ricorre a distorsioni dei luoghi e degli spazi familiari, inaspettati. L’uso costante dello specchio, della rifrazione accentua le possibilità di trasformare ciò che è noto in un’esperienza “altra”, racchiude un senso metaforico, rimanda a questioni filosofiche complesse. 

Erlich, come abbiamo ricordato sopra, ha una formazione filosofica e le “illusioni” dei nostri sensi, o i conflitti fra percezione e realtà di fatto sono elementi sui quali insiste la sua ricerca.

I like to distort the familiar in a way that anyone is able to relate to a work. There is a certain playfulness in using a mirror for likeness, but it also hints the idea of being more metaphorical. If you try to capture a reflection on water, you are trying to fix what is inherently variant. If you can’t find your reflection in a mirror, the action itself challenges the empirical proof of your own existence.

(citazione di un’intervista disponibile su Art Dependence)

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