TRAME DI QUARTIERE II PUNTATA

Palazzo diroccato, San Berillo, Catania
Palazzo diroccato, San Berillo-Catania. Foto dell’archivio di Trame di quartiere

I molteplici progetti proposti da Trame di Quartiere, tutti fortemente radicati al contesto dell’antico rione San Berillo a Catania, sono di per sé atti di una vera e propria drammaturgia urbana, in senso metaforico e in senso letterale, come evoca la scelta stessa del nome che caratterizza questo gruppo di lavoro: la parola “trame” rimanda in modo evidente alla struttura di una storia legata a uno spazio urbano.

Le narrazioni applicate al territorio convivono infatti con vere e proprie azioni, dove la teatralità è una componente privilegiata. Una teatralità intesa sia in senso spontaneo, sia in senso di attività consapevole vera e propria, realizzata attraverso laboratori, performance di teatro sociale, documentari.

Durante il primo contatto con Trame di Quartiere, ho chiesto a Flavia Monfrini e Alice Palazzo, socie della cooperativa, che cosa significassero per loro i concetti di “drammaturgia urbana“, “spazio”, “personaggi”.

Cominciamo dalla definizione di Drammaturgia Urbana dal loro punto di vista.

ALICE:  “Ho sentito parlare di questo concetto per la prima volta qui, a San Berillo, quando ho preso parte a uno dei laboratori di drammaturgia di comunità che ha organizzato l’associazione nei primi anni di attività E’ un’arte che nasce e si sviluppa in  gruppo e rivolta ad un particolare contesto di riferimento e nel nostro caso il  valore aggiunto è stato che questo  gruppo fosse  piuttosto  eterogeneo (studenti di letteratura, filosofia, comunicazione, attivisti e insegnanti, un architetto e un attrice) unito dall’interesse verso il quartiere, la sua storia e i suoi abitanti.  Siamo stati noi partecipanti, guidati dalle operatrici, a sviscerare il tema dell’abitare, immaginando nuovi personaggi e scrivendo una performance che parlasse di tutto quello che la nostra esperienza in quartiere era stata fin lì.

Il processo di genesi della drammaturgia quindi è  stato più importante del risultato finale in sé, che ci ha portato comunque ad essere tutti attori (anche se amatoriali) e mettere in scena il quartiere San Berillo visto dai nostri occhi  .”

FLAVIA: “Con riferimento alle prime attività che abbiamo svolto con Trame (nello specifico i laboratori di teatro sociale) è un metodo, può essere uno dei tanti metodi adottati quando si entra in relazione con un territorio visto che parliamo di drammaturgia urbana. E’ chiaro che prende gli spunti da tipi di attività che fanno più capo alla produzione teatrale e al lavoro sulla performatività.

Rappresenta un modo di entrare in relazione e di elaborare contenuti per renderli fruibili, condivisibili con chi te li ha trasmessi, ma anche con chi non li conosce proprio, quindi è anche un canale che facilita la realizzazione del prodotto finale. Di fatto nel processo, può essere un metodo di indagine, di relazione interessante, è in se stesso anche un atto politico.”

Trame si è occupata di una serie di forme di narrazione e la drammaturgia e una di queste, la web serie è stata un’altra. E’ molto più complesso da dove siamo partiti, da dove è cominciato tutto.

Res publica temporanea, un gruppo di artisti che si è occupato di fare street art sulle porte murate più o meno attorno al 2015 che partono dal presupposto di mettere in evidenza la porta murata, hanno scelto di ritrarre vari soggetti su queste porte murate, con anche un contributo di idee da parte degli abitanti, nell’ottica futura di vederle distrutte, ed è quello che è successo a due porte della nostra sede di palazzo de Gaetani che a novembre del 2016 abbiamo abbattute. Ne abbiamo abbattute altre, ma le prime sono state aperte nel 2016, quando abbiamo iniziato i lavori di ristrutturazione.

Drammaturgia urbana quindi intesa come valore, metodo, canale per intrecciare relazioni, viverle, conoscere realtà differenti…

Quartiere di San Berillo, Catania, Via de Marco
Via De Marco, quartiere San Berillo, Catania. Foto dell’archivio “Trame di quartiere”

A questo punto chiedo quale ruolo abbia il rapporto con lo spazio nella loro idea di drammaturgie urbane.

FLAVIA: “Lo spazio ha un valore innanzitutto funzionale, pratico, posto che di fatto serve al tipo di indagine che vai a fare, all’atto che vai a costruire. Non puoi prescindere dallo spazio. Secondariamente, c’è la componente narrativa, il racconto dello spazio, la trasformazione dello spazio nell’atto performativo stesso.”

ALICE: Per quanto riguarda la mia esperienza, lo spazio è stato il punto di partenza. Tuttavia, in alcuni casi, non poteva essere il punto di arrivo, quindi ci si è dovuti ancorare all’aspetto più narrativo dello spazio. Nel laboratorio a cui ho partecipato, intitolato “abito dunque sono” lo spazio era tutto. Si partiva dalla questione del vivere un luogo, per poi spostarsi  nell’ambito della finzione, e immaginare lo spazio attraverso un personaggio, con precise parole e gesti. Ovvero, che cosa rimane dello spazio fisico dentro una persona, come si riesce a  portare un luogo con sé, in sé, renderlo familiare, abitato. In questo percorso, lo spazio fisico non è più tale, diventa lo spazio della mente. Quindi lo spazio diventa la bellissima connessione di questi due ambiti. Quello fisico e quello della mente…

Spazio come componente essenziale alla narrazione. Spazio fisico e spazio mentale trasmigrano l’uno nell’altro.

Evento organizzato da Trame di quartiere, San Berillo, Catania
Un evento al quartiere San Berillo. Fotografia dell’archivio di Trame di Quartiere.

Il concetto di PERSONAGGI apre un nuovo capitolo della nostra intervista:

ALICE: “In questo caso per me è stato proprio bello il rapporto fra i personaggi reali da cui siamo partiti per poi sviluppare la drammaturgia, e quelli invece che sono diventati personaggi ma che non lo erano all’inizio, perchè non erano persone ma fantasmi, forse ombre, o solo idee.”

FLAVIA: “Mi riferisco sempre ai laboratori di teatro sociale che ho frequentato. Innanzitutto è qualcosa che può accadere in un percorso di drammaturgia di comunità, non è una cosa che deve accadere necessariamente come conformazione. I personaggi sono vettori che si fanno attraversare. Nella drammaturgia di comunità vengono fuori non tanto con l’intento artistico, anche se c’è la componente artistica, e un critico letterario la collocherebbe come una componente estetica. La componente artistica c’è, ma non è quella. Più una funzione per veicolare quel contenuto, per dargli una forma immediatamente visibile, fruibile. Un contenuto che può essere un’opinione, un evento che può essere accaduto, non accaduto se penso ai personaggi che si sono creati nei percorsi che abbiamo fatto.”

ALICE: “E mi vengono in mente gli stereotipi che ci sono all’interno del quartiere che noi stessi cerchiamo di sfatare, distruggere. Vorremmo che tutto fosse permeabile, mutevole e che ogni diversità fosse vista come valore e non come elemento unico, fermo, immobile, precostituito.

Noi ci scervelliamo continuamente per rendere possibile il coinvolgimento degli abitanti del quartiere (persone senza casa, migranti, sex-workers, commercianti italiani e stranieri, altri cittadini catanesi) in attività ludico-artistiche per contaminarci con le loro esperienze. Se il teatro e la drammaturgia hanno potuto coinvolgere alcuni di loro, certi ostacoli linguistici invece non li ha potuti superare: ci sono tanti stranieri nel quartiere, e sarebbe stato bello lavorare con loro, ma in quella fase (drammaturgica) non è stato possibile.

Invece ci sono altri tipi di arti performative che potrebbero avere un linguaggio comune, come la danza ad esempio. Per quello che riguarda il discorso della strada poi, le attività dei  nostri laboratori sono  sempre partite dal contesto che avevamo attorno. Ma non è sempre stato facile agire all’esterno perché qui, come spesso capita nei quartieri popolari, le dinamiche di strada ci sono, sono reali.

Il vivere la strada è un bisogno di tutti, quindi se avessimo occupato in maniera troppo preponderante lo spazio altrui avremmo intaccato i loro bisogni e non volevamo. Ci siamo sempre preoccupati di  bilanciare le attività interne e esterne, e proprio per questo abbiamo sempre sentito forte l’ambivalenza di uno spazio fisico e di quello della mente.

FLAVIA: in questo periodo rispetto alle passeggiate, stiamo studiando nuove modalità di coinvolgimento che non si limitino ai nostri vicini di casa perché vogliamo estendere i nostri confini oltre al quadrilatero del San Berillo vecchio dove operiamo principalmente, da cui sempre partiamo, per abbracciare una fetta più larga di territorio e di abitanti con cui abbiamo interloquito meno.

La modalità di coinvolgimento deve tenere conto del fatto che dalle persone ci si deve andare, con le persone si dialoga, occorre dare alle persone la possibilità di esprimere le proprie necessità e anche i propri desideri, a livello di intervento.  Ci teniamo a ripensare e aggiornare i nostri strumenti in base a quello che emerge dall’ascolto del territorio.

Edifici a San Berillo, Catania
Edifici in Via di Prima, San Berillo, Catania. Fotografia dell’archivio di Trame di quartiere

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